Di cosiddetti “bidoni” il calcio è pieno. Bastano un paio di stagioni giocate a livelli decenti, un acquisto oneroso pompato dalla stampa e poche partite deludenti per essere bollati a vita, magari a volte ingiustamente, come brocchi sopravvalutati.
“Bidone” ci si può diventare per i motivi più disparati a qualsiasi età, e a volte il problema nasce proprio dai media che, esaltando le prestazioni di un giocatore, tendono a creare nell’immaginario collettivo degli appassionati dei termini di riferimento spesso ingiusti, quasi sempre deleteri.
L’improbabile Juventus di fine millennio
E non di rado anche i più grandi club, che possono contare sui migliori talent scout del mondo, prendono cantonate pazzesche. Come successe al volgere del millennio alla Juventus che, non paga dei flop di fine anni ’90 (Mirkovic, Esnáider, Oliseh, Sorìn giusto per fare qualche nome, con quest’ultimo che venne segnalato addirittura dall’allora ambasciatore della Juventus in Sud America, Omar Sívori) decise di inaugurare la nuova stagione, quella 2000/2001, con dei colpi davvero improbabili.
Il povero Ancelotti, pur trovandosi in squadra il fresco campione d’Europa David Trézéguet, fu costretto a sorbirsi in allenamento le prestazioni di giovani e futuri bidoni come Vincent Péricard, Fabian O’Neill o Ivan Ergic.
Nonostante ciò il tecnico emiliano riuscì a tenere la Juventus sempre a galla, contendendosi lo scudetto con Lazio e Roma sin dalle prime giornate. Al giro di boa del campionato la Roma di Capello guidava la classifica con 6 punti di vantaggio sulle due dirette inseguitrici.
Il rinforzo più atteso
Ancelotti aveva bisogno di rinforzarsi e la dirigenza decise di farlo in due modi: il primo fu quello di cedere giocatori come Esnáider, Ergic, Zanchi e Bachini, rafforzando di fatto la rosa. Il secondo fu quello di acquistare, o meglio, di concludere una complicata trattativa che andava avanti da mesi.
Dopo un infinito tira e molla con la FIFA la dirigenza bianconera riuscì a strappare al Flamengo, e alla concorrenza delle più forti squadre europee, il giovane esterno sinistro Athirson Mazzoli de Oliveira o, più semplicemente, Athirson. La concorrenza, per Luciano Moggi, era già di per sé un segnale indiscutibile del valore del giocatore, come disse il giorno della sua presentazione:
Segnalato (ancora) da Omar Sívori, atterrò a Torino carico di aspettative dopo le meraviglie mostrate in Brasile. La prima cosa che vide dell’Italia fu la neve, e il suo primo commento fu «Non l’avevo mai vista, sembra zucchero».
Athirson, il nuovo Roberto Carlos
Longilineo e tecnico classe ’77, Athirson prima di arrivare alla Juventus aveva già collezionato ben 5 presenze con la Seleção tra amichevoli, qualificazioni ai Modiali e Olimpiade e più di duecento presenze condite da 22 gol nel Brasileirão tra Santos e, soprattutto, Flamengo. Mica male per un ventitreenne.
Unico acquisto della sessione invernale, Athirson arrivò per contendere il posto sulla fascia sinistra a Pessotto e Paramatti. Purtroppo, a causa sia delle controversie burocratiche che di una live forma di dengue che venne curata a Torino, la Juventus riuscì a farlo esordire non prima di tre mesi, con il campionato nel pieno della lotta scudetto.
Per la precisione, neanche fosse uno scherzo, il primo aprile 2001 (a quasi un anno dalla sua ultima partita ufficiale), divenendo spettatore diretto di uno dei più famosi momenti del calcio italiano.
Una Juve costretta a vincere
Al Delle Alpi di Torino la Juventus ospitava il Brescia dei miracoli del Divin Codino e di Sor Carletto Mazzone, che già l’anno prima, sulla panchina del Perugia, aveva strappato lo scudetto dalle maglie bianconere per cucirlo su quelle biancazzurre della Lazio.
La squadra di Ancelotti, pur mantenendo il secondo posto in solitaria, si trovava ancora a 6 lunghezze dalla Roma capolista e non poteva commettere nessun passo falso dopo aver appena preso quattro goal in casa delle Aquile dirette inseguitrici.
E difatti la Vecchia Signora scese in campo agguerrita nonostante una difesa non al meglio della condizione e un Brescia comunque sempre pericoloso e orgoglioso. Già nel primo tempo un tiro da fuori di Zambrotta diede il vantaggio ai bianconeri, e per quasi tutta la partita il risultato rimase invariato alla faccia dei pali di Del Piero e Hubner, un gol annullato a Inzaghi e numerose altre occasioni da ambo le parti.
Intorno al settantesimo minuto Ancelotti, deciso a tirare fuori dal campo uno Zidane influenzato e non in giornata, si voltò verso la panchina e vide il portiere di riserva Carini, il centrocampista diciannovenne Brighi, gli attaccanti Fonseca e Kovacevic e il “nuovo Roberto Carlos” Athirson.
Il debutto speciale di Athirson
La scelta fu quasi obbligata, e il primo aprile 2001 Athirson fece il suo esordio nel campionato italiano, prendendo un’anomala posizione sulla fascia sinistra tra centrocampo e attacco.
Dopo un quarto d’ora probabilmente pensò che esordio più tranquillo non ci sarebbe potuto essere, la sua prestazione anonima si sarebbe tranquillamente mimetizzata nel contenimento finale di una squadra stanca che doveva solo ottenere i tre punti.
Ma al minuto 88, dopo una serie di infruttuosi calci d’angolo juventini, il Brescia ripartì palla al piede dalla propria porta. Mentre Athirson rientrava tranquillamente nella propria metà campo un ventenne Bonera tentò un improbabile lancio che arrivò a centrocampo direttamente sui piedi di Antonio Conte.
Athirson si fermò e, quasi controvoglia, ripartì verso l’attacco ma Conte sbagliò il controllo facendo finire la palla sui piedi di Andrea Pirlo. Athirson calò la testa e, probabilmente maledicendo tra sé il suo capitano, si rigirò tornando mestamente verso la difesa.
Pirlo scaricò la palla su di un compagno ma questi, contrastato da Zambrotta, non riuscì a tenere il pallone che finì nuovamente tra i piedi del fantasista bresciano, che fece pochi passi e superò la linea di centrocampo.
Un goal rimasto negli annali
Athirson era lì accanto ma a pressare il portatore di palla andò Tacchinardi. Purtroppo però Pirlo alzò la testa, vide Roberto Baggio scattare alle spalle dei difensori e, con un lancio al bacio, lo pescò faccia a faccia con Van Der Sar.
Tutti conosciamo quel goal, la magia di quel tocco visto e rivisto in qualsiasi compilation con i goal più belli di Baggio, del campionato italiano e probabilmente della storia del calcio. E l’unico giocatore della Juventus che ebbe la fortuna di vedere tutto lo splendore di quel goal, lo sguardo di Pirlo e il lancio, il movimento disperato dei difensori bianconeri e il controllo di Baggio, fu proprio lui, Athirson, il “nuovo Roberto Carlos”.
La partita finì 1 a 1 e affossò definitivamente le ambizioni scudetto juventine, sebbene non ci fu mai una vera e propria fuga giallorossa verso il tricolore. La Roma riuscì però a pareggiare, grazia alla sublime prestazione del giapponese Nakata, il sentito scontro diretto del Delle Alpi (condito poi dalle polemiche sul cambio di regolamento, avvenuto a campionato in corso, riguardo il numero di calciatori extracomunitari convocabili).
Il finale di campionato di Athirson
Ma peggio andò ad Athirson. Quattro partite dopo, nello scontro casalingo contro il Lecce che lottava per la salvezza, partì addirittura titolare come esterno sinistro di centrocampo. Un minuto dopo il vantaggio di Tudor, sul finire di primo tempo, su un innocuo cross dalla sinistra il brasiliano riuscì a farsi anticipare da capitan Conticchio, che riportò la partita in parità. Athirson non rientrerà in campo per il secondo tempo, sostituito all’intervallo da Matteo Brighi. La partita finirà poi 1 a 1.
Alla terza presenza, nella vittoria esterna contro la Fiorentina, Athirson giocò venticinque anonimi minuti, rimasti nei tabellini solo per l’ammonizione ricevuta.
La quarta presenza fu obbligata dall’infortunio di Paramatti. Athirson giocò titolare nella partita vinta 1 a 0 contro il Perugia e, grazie alle sue numerose e inconcludenti sgambate in attacco e alle amnesie difensive, riuscì a farsi sostituire sul finire del match (ancora per Brighi) nonostante Ancelotti non avesse difensori in panchina.
L’ultima apparizione del brasiliano in Italia risale agli ultimi venti minuti di quel campionato, nella partita vinta 2 a 1 contro l’Atalanta, quando subentrò a Paramatti e osservò inerte il goal della bandiera bergamasca. La nuova stagione riportò sulla panchina bianconera Marcello Lippi, ma Athirson non vide mai più il campo.
La triste parabola del nuovo Roberto Carlos
A gennaio salì su un aereo e tornò al Flamengo, dove rimarrà fino al 2005. Non perché il prestito durava quattro anni ma perché la Juventus nel 2003 pagò una penale di oltre due milioni di euro e rescisse il suo contratto.
Dopo il ritorno in Brasile non è mai più tornato ai livelli della sua gioventù, e quello che era stato presentato al mondo come erede di uno dei più forti terzini sinistri della storia finì per girovagare di anno in anno tra le squadre del Brasileirão, senza mai più indossare la casacca verdeoro della Seleção.
Solo due squadre non brasiliane provarono a credere ancora in lui: il CSKA di Mosca, club con il quale non scese mai in campo, e il Bayer Leverkusen, dove con 30 presenze e due reti in due anni non riuscì a convincere la dirigenza a trattenerlo.
Nei suoi 185 minuti in Serie A, Athirson ha ricevuto un cartellino giallo, ha visto tre volte i suoi compagni esultare e altrettante volte gli avversari segnare. Ma di sicuro il nostro campionato è stato generoso con lui, regalando ai suoi occhi la meraviglia di uno dei più bei goal segnati da uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi.