Turismo di prossimità è una delle nuove espressioni che stanno plasmando il nostro lessico post covid. Tra gli strani modi che abbiamo di reagire alle rivoluzioni che la pandemia ci ha imposto c’è quello di costruire slogan resilienti. Una positività un po’ necessaria un po’ nevrotica, che cova un lutto ancora inespresso, mascherato da belle idee e buone intenzioni.
Questo nuovo inquilino della nostra società sfida le fondamenta della globalizzazione e della società di massa: ci impone di chiudere, di stare lontani, di restare fermi. Per ripristinare le nostre abitudini dopo la traumatica chiusura dei mesi passati, ci troviamo oggi a contrattare con la minaccia: si riapre, ma con limitazioni; torniamo a spostarci, ma un po’ meno del solito; stiamo in posti affollati, ma con qualche specie di ragionevolezza. In bilico tra lo spettro di un nuovo lock down e un desiderio di affidarsi alla vita, di dire e credere che Tutto-andrà-bene a prescindere. Nevrotici appunto, ma lo eravamo ben prima del covid.
In questa altalena ci siamo anche noi, Carolina e Lucio, una coppia di attori/autori/fotografi che, in attesa di scoprire cosa ci riserva il futuro, abbiamo scelto di diluire le nostre angosce avventurandoci in uno spericolato viaggio on the road tra Abruzzo e Molise. Credevamo fosse una trovata originale. Non lo era.
Carlo, il nostro padrone di casa a L’Aquila, ci dice che non ha mai avuto tante prenotazioni come quest’anno. Lo stesso confermano i proprietari dei locali con cui ci fermiamo a chiacchierare. Un pastore, incontrato insieme alle sue quattrocento pecore a 1700 m d’altezza in uno stazzo della Valle del Chiarino, ci racconta che durante il fine settimana, sui sentieri del Corno Grande, gli escursionisti procedono in lunghe file, come macchine al casello dell’autostrada. Sembra che l’Abruzzo abbia registrato un notevole aumento delle presenze quest’ anno. Bella notizia, forse da prendere con meno entusiasmo di quanto leggiamo nei giornali. I grossi afflussi si concentrano nei weekend, si tratta di un turismo che mette molto sotto stress i luoghi che visita, portando poca ricchezza. Il territorio non è strutturato e le frotte di visitatori possono essere più un guaio che una risorsa. Lo storico camping Funivia del Gran Sasso, punto di riferimento per escursionisti e amanti della montagna, quest’anno è rimasto chiuso per protesta, le motivazioni della proprietaria Alessandra Sirripierro si possono leggere nella sua lettera al sindaco, condivisa in molti blog, pagine e profili social.
Abbiamo scelto l’Abruzzo in tanti quest’anno, ma non in tantissimi. Se leggete titoli come “Boom del turismo in Abruzzo” non immaginatevi le spiagge di Rimini o le montagne del Trentino. Per diversi giorni abbiamo camminato in perfetta, meravigliosa solitudine. Le montagne sono poco antropizzate, pochi sono i rifugi aperti, la cartolina è una rarità. Qualche magnete o negozi di prodotti tipici si trovano solo nei luoghi più battuti, recensiti su internet, come il bellissimo borgo di Santo Stefano di Sessanio, a pochi chilometri da L’Aquila, o Rocca Calascio, icona dell’immaginario medievale per aver ospitato il set di Lady Hawke. Ma i borghi più belli sono quelli che non sono segnalati da nessuna parte, dove qualche anziano gioca a bocce bevendo un bicchiere di Pecorino.
L’Aquila sanguina ancora. Sono passati undici anni dal terremoto del 2009, sembra un tempo lontano, ma gru e ponteggi segnano ancora le strade di molti paesi, centinaia di edifici restano mutilati. Molte zone della città sono ancora transennate, piccole stradine nei paesi vicini sono rimaste interrotte. Gli operai lavorano sotto il sole, a L’Aquila come nei piccoli borghi medievali sventrati dal terremoto. Rimuovono le macerie, puntellano, dove possibile ricostruiscono. L’Abruzzo ospita attualmente il più grande cantiere d’Italia – si legge sul sito istituzionale dove si può monitorare l’andamento dei lavori. Nel paese di Capestrano incontriamo una signora di origine marocchina che ci offre un riparo dal caldo nel fresco atrio del suo condominio. Vive in Abruzzo da trent’anni, è la moglie del sindaco del paese, la figlia gestisce una macelleria/ristorante con un bellissimo giardino fiorito che ci porta a visitare. Per dieci anni sfollata, solo l’anno scorso è potuta rientrare nella sua casa. Il tempo della ricostruzione è lento. Più lento di quanto immaginiamo di saper sopportare.
Incontriamo una coppia di amici a Tollo, vicino a Ortona, dove inizia la costa dei Trabocchi. I trabocchi sono strane, leggere strutture usate tradizionalmente per pescare. Palafitte sostenute da un ingegnoso incastro di legni, con lunghi pali – antenne si chiamano – che sporgono in avanti, per sorreggere la grande rete da pesca. Stuzzicadenti impazziti che miracolosamente sorreggono una piattaforma sul mare. I nostri amici ci fanno assaggiare il Cerasuolo, vino rosato color di ciliegia, che ci condanna a cercarlo da allora senza pace. E’ bello rivedersi. Ci ritroviamo più ansiosi, smarriti, preoccupati, ognuno impegnato a ripensare un futuro sicuramente diverso, possibilmente migliore. Che fatica, passati i trent’anni, tutto doveva essere una scalata al successo per noi, ragazzi seri, professionisti in gamba. Abbiamo sbagliato i conti. Avevamo visto male. Mangiamo cozze ripiene e immaginiamo una vita nuova. Sarebbe bello gestire insieme un ristorante di pesce. Proprio qui, un ristorante con la terrazza sul mare. Proprio come questo, dove stiamo adesso. Sarebbe bello accogliere sempre le persone con un sorriso, lavorare il giusto, vivere lenti e delicati.
L’Abruzzo è slow per davvero, non per strategia di marketing o posa radical chic. Slow del tempo che richiede la cura. Noi, troppo voraci, avevamo ipotizzato giornate piene di cose da vedere, sentieri da percorrere. I paesini arroccati, le strade che sfuggono ai calcoli di Google maps, le sorprese nascoste tra una destinazione e l’altra, ci hanno rallentato. Abbiamo chiacchierato molto, con tutti e dappertutto. Non si dica mai che gli abruzzesi sono gente chiusa.
E’ dalle strade scoscese della Valle del Sangro che entriamo finalmente in Molise. Il Molise esiste. Esiste più di quanto esistiamo noi stessi, che arriviamo ad Isernia distrutti dal caldo e affamati. Isernia è allegra e chiassosa, piena di ragazzi per le strade. Ci accoglie Tina in un appartamento troppo moderno, razionale e pulito per essere reale. Si chiama Casa Tintilia, dal nome di un celebre (?) vino rosso molisano. “Avrete notato che tutto in questa casa è rosso. Rosso come il vino”. No, non l’avevamo notato. Tina è vestita con tantissimi colori, alte zeppe nere e dei ricci permanentati che sottolineano con enfasi tutto ciò che dice. Parla a voce alta, ci racconta che viaggia molto, ci dà qualche consiglio su dove mangiare. Fa molta allegria, Tina. A Isernia è fresco, finalmente respiriamo. I giorni in Molise passano tra passeggiate nei boschi e ottime cene. I boschi sono alti e curatissimi, ogni angolo di natura ci riconcilia con tutto. I panini con la ricotta sono buonissimi. La ricotta in Molise sa di mamma.
Per chiunque possa essere interessato, condividiamo qui il nostro itinerario sconnesso, nato più dall’esplorazione che dalla scienza. E’ più quel che resta da vedere che quel che abbiamo visto.
1 giorno da Roma: sito archeologico di Alba fucens/Gole di Celano/Rocca di mezzo/ San Panfilo d’Ocre/Convento francescano/L’Aquila
2 giorno: escursione in Val di Chiarino
3 giorno: Escursione da Filetto a Abbazia SS.Crisante e Daria/Assergi
4 giorno: S. Stefano di Sessanio/Rocca Calascio/Capestrano/Fiume Tirino/Chieti
5 giorno: Eremo di San Bartolomeo/Rocca Morice/Caramanico Terme/Valle dell’Orfento
6 giorno:Ortona/Costa dei Trabocchi/Punta Aderci/San Vito Chietino
7 giorno: Pennadomo/Lago Bomba/Val di Sangro/Isernia
8 giorno: Riserva Naturale di Collemeluccio-Montedimezzo
9 giorno: Castel San Vincenzo lago e abbazia/Santuario Maria Santissima Addolorata a Castelpetroso/ Roccamandolfi e ponte tibetano
10 giorno: Barrea e lago/ Scanno e lago