Nel 1979 in Iran culminò la rivoluzione che trasformò la Persia degli Shah in una repubblica sciita, guidata dall’aytatollah Komeini. L’Unione Sovietica temette che i moti rivoltosi potessero espandersi in tutto il medio oriente, così il 24 dicembre di quello stesso anno diede il via all’invasione dell’Afghanistan, per instaurarvi un governo filo comunista ed evitare che una nuova rivoluzione di stampo diametralmente opposto a quello bolscevico bussasse alle sue porte. Questa azione militare poco avrebbe a che fare con le tensioni tra Usa e Urss, che in quegli anni saranno conosciute col nome di guerra fredda, ma il Presidente degli Stati Uniti Carter, decise di approfittare della situazione a fine propagandistici, in vista delle elezioni del 1980 – che lo avrebbero comunque visto sconfitto. Non potendo intervenire militarmente, minacciò il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca del 1980, se i sovietici non si fossero ritirati dal territorio afghano. Ma l’Urss non ci pensò neanche lontanamente a ritirare il proprio esercito, obbligando gli Usa alla rinunci ai Giochi. Gli americani irromperanno per procura in quella guerra, finanziando segretamente i mujaheddin che nel 1989 cacceranno dai loro territori l’esercito invasore.
Cosa accade a questo punto in Europa? I paesi Nato, per fedeltà al patto atlantico sarebbero implicitamente invitate a seguire l’esempio degli Stati Uniti e non partecipare alle Olimpiadi. La Germania dell’Ovest ubbidisce, invece Francia, Belgio, Italia e Gran Bretagna trovano un curioso compromesso: invieranno solo atleti non facenti parte di corpi militari. Tra gli azzurri che quindi potranno partecipare alla spedizione olimpica a Mosca c’è Pietro Mennea, che è il nostro velocista di punta da ormai 10 anni. La Freccia del sud è alla sua terza olimpiade. Alla prima apparizione ai Giochi di Monaco 1972 vinse le medaglia di bronzo nella finale dei 200 metri. Nel post gara si disse felice, ma fiducioso di poter fare meglio. Quattro anni dopo, alle Olimpiadi di Montreal, avrebbe deciso di non partecipare in seguito a divergenze con la Fidal che lo aveva privato del suo storico allenatore, Carlo Vittori. I tifosi italiani però si infuriano e così, controvoglia, Mennea volò in Canada, portando a casa solo la medaglia di legno, arrivando quarto sia nei 200, che nella staffetta 4×100. Quando Vittori torna al suo fianco, Pietro ritorna al successo: nel 1978, agli Europei di Praga, vince l’oro nei 200, titolo che aveva già conquistato 4 anni prima a Roma, in più vince anche la finale dei 100 metri. Nel frattempo si è iscritto alla facoltà di scienze politiche, così nel 1979 prende parte alle Universiadi di Città del Messico, dove vince la medaglia d’oro nei 200 metri, stabilendo inoltre con l’incredibile tempo di 19 secondi e 72 centesimi il nuovo record mondiale, migliorando di ben 11 centesimi il primato precedente. Primato che durerà la bellezza di 16 anni, battuto solo nel 1996 da Michael Johnson.
Nel 1980 Pietro ha 29 anni, l’unico oro che manca alla sua carriera è quello olimpico – la prima edizione dei mondiali di atletica è datata 1983. Le Olimpiadi di Mosca sono la sua ultima possibilità. In quanto detentore del record mondiale, è il favorito d’obbligo. Mennea si allena moltissimo, anche 8 al giorno nelle settimane che precedono il via dei Giochi, ma quando arriva il momento di gareggiare probabilmente la pressione psicologica lo schiaccia. Il 25 luglio, giorno della semifinale dei 100 metri, taglia il traguardo in sesta posizione fallendo così l’approdo in finale. L’oro se lo aggiudica il suo rivale designato, lo scozzese Allan Wells. Pietro è talmente demoralizzato che è sul punto di rinunciare a partecipare alla gara dei 200 metri. In quelle ore al villaggio olimpico incontra un suo acerrimo rivale del passato, Valerij Borzov, che lo incoraggia, lo invita a stare tranquillo e a competere come sa fare. Il 28 luglio, giorno della finale dei 200, Wells e Mennea partono fianco a fianco, rispettivamente in settima e ottava corsia. A casa Mennea a Barletta, regna il pessimismo. Dirà infatti la sorella Angela:”Quando l’abbiamo visto in ultima corsia, abbiamo pensato che la gara fosse persa. Da quella posizione, non potendo vedere gli avversari, non avrebbe avuto riferimenti”. Anche Vittori sa che partire dall’ottava corsia è uno svantaggio, ma lavora con astuzia sulla psiche di Pietro. Gli dice “Wells parte alle tue spalle, dopo pochi metri ti avrà già raggiunto, e quando uscirete dalla curva sarà leggermente avanti. Tu non ti preoccupare, aspetta il rettilineo finale e poi dai il massimo”.
La gara prende il via, e le cose vanno proprio come previsto da Vittori. Wells ha già appaiato Mennea pochi secondi dopo lo sparo, e quando si immettono sulla retta finale, è davanti a tutti. Quello che non aveva previsto, è che anche il giamaicano Quarrie e il cubano Leonard sono davanti all’azzurro. Pietro è in quarta posizione e pare destinato ad essere risucchiato dagli atleti che le seguono. Sembra già essere al massimo del suo sforzo. Ed è così infatti. Ma mentre gli altri, man mano che i metri scorrono sotto le falcate, impercettibilmente decelerano fiaccati dalla fatica, Mennea mantiene il motore al massimo della potenza. Il resto è storia, immortalata dalla telecronaca di Paolo Rosi, inviato Rai a Mosca 1980:
Mennea continua a correre, non riesce più a fermarsi, come in prenda della trance agonistica. Poi sorride e alza il pugno in segno di vittoria, salutando il pubblico in delirio per la sua straordinaria prestazione. Conquista la medaglia d’oro con un tempo di 20 secondi e 19 centesimi, precedendo Wells di soli 2 centesimi. Leggero come un soffio. Svelto come un battito di ciglia. Sottile come una piuma. Quasi nulla, ma quanto basta. In quella stessa Olimpiade, vincerà anche il bronzo nella staffetta 4×100. Wells anni dopo ammetterà che nel corso della sua carriera, Mennea si era dimostrato più veloce e che una volta superata l’amarezza della sconfitta, ha sempre considerato un onore aver terminato la gara così vicini. La carriera di Pietro proseguirà tra alti e bassi. Si ritirerà 2 volte e per 2 volte tornerà alle gare. Parteciperà anche alle Olimpiadi di Los Angeles 84 e Seoul 88, ma non conquisterà altre medaglie. L’ultimo anno ruggente sarà il 1983, quando tra Mondiali di atletica e Giochi del Mediterraneo conquisterà 5 medaglie: 2 ori, 2 d’argento e un bronzo.