“Shikata ga nai”, “non c’è niente da fare”. Con rassegnazione il popolo giapponese e in generale tutti gli appassionati di sport nel mondo hanno dovuto accettare, lo scorso 24 marzo, il rinvio della 32esima edizione dei Giochi Olimpici, a causa della pandemia di Covid-19 che ha messo alla corde il governo del Paese del Sol Levante e il Comitato Olimpico Internazionale. Niente Olimpiadi di Tokyo nel 2020 dunque, con un programma momentaneamente posticipato di un anno esatto (23 luglio – 8 agosto 2021), ma ancora oscurato da nubi e incertezze di natura sanitaria ed economica. L’edizione si chiamerà comunque “Tokyo 2020”, per non perdere l’investimento sul merchandising e il marchio; ma la domanda, oggi, è se, in che modo e con quali costi i Giochi avranno luogo nella prossima estate.
Inizialmente il CIO aveva considerato uno slittamento più breve, valutando una insolita Olimpiade in autunno, che avrebbe reso più semplice rispettare termini contrattuali (soprattutto con sponsor ed emittenti TV), consegne e scadenze – per fare un esempio, le abitazioni del Villaggio Olimpico sono già state interamente vendute a privati cittadini per decine di milioni di euro, e dichiarate abitabili entro la fine del 2020. Dovevano essere dei Giochi innovativi e moderni, con cinque discipline al debutto (arrampicata sportiva, karate, surf, skateboarding, baseball) e grande attenzione dedicata dall’organizzazione alla sostenibilità dell’evento. Saranno, invece, una “unprecedented challenge”, come sottolineato da Thomas Bach, presidente del CIO. In precedenza, infatti, i Giochi erano stati cancellati soltanto in tempo di guerra (cinque volte, tra cui Tokyo 1940); e l’attuale rinvio, primo per ragioni non-belliche nella storia moderna delle Olimpiadi, ha creato un terremoto finanziario per la miriade di aziende partecipi commercialmente dell’evento. Se già la posticipazione di 12 mesi dei cinque cerchi comporterà, come vedremo, una lunga serie di danni economici, controversie legali e disagi nel calendario sportivo internazionale, il tutto è reso ancora più incerto e preoccupante dal fatto che nessuno oggi – in assenza di un vaccino contro il Coronavirus e con molti Paesi ancora in grave stato di emergenza – può essere certo che nel 2021 i Giochi potranno effettivamente avere luogo. “Se la pandemia non sarà sotto controllo nel 2021, i Giochi Olimpici saranno annullati”, ha detto Yoshiro Mori (presidente del Comitato organizzatore di Tokyo 2020), sottolineando che non sarà possibile rinviare ulteriormente la manifestazione, per ragioni economiche e perché un eventuale secondo slittamento causerebbe un intasamento di grandi eventi (a febbraio 2022 ci saranno i Giochi invernali a Pechino, ad agosto i Mondiali di atletica leggera negli Stati Uniti, poi i Giochi del Commonwealth a Birmingham e in autunno i Mondiali di calcio in Qatar).
La decisione finale in merito a Tokyo 2020, come comunicato da Pierre-Olivier Beckers-Vieujant (membro CIO), verrà presa nella prossima primavera, con molti personaggi di spicco, tra cui John Coates (CIO) e Norio Sugawa (OMS), che nelle ultime settimane hanno espresso seri dubbi sulla possibilità di disputare i Giochi tra 12 mesi. A destare questo scetticismo non è soltanto la situazione sanitaria del Giappone, che auspicabilmente sembra aver superato il picco di contagi ad aprile (anche se il governo di Tokyo teme in autunno una nuova ondata); piuttosto, a preoccupare il Comitato è la diffusione del Covid-19 in ogni continente, soprattutto considerando la portata globale delle Olimpiadi, evento sportivo internazionale per eccellenza. Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina, Russia, Francia, Italia, Brasile e Spagna erano tutte tra le prime 15 Nazioni nel medagliere di Rio 2016, e oggi purtroppo si annoverano anche tra quelle più colpite dal Coronavirus. Quello che ora accomuna tutti (eccezion fatta per le divergenze di opinione in Giappone, dovute principalmente a questioni di natura politica) è la speranza che l’estate 2021 sarà quella dell’ufficiale e definitiva rinascita dello sport. “La fiamma olimpica rappresenta la luce in fondo al tunnel”, ha detto John Coates. “Il Giappone ha bisogno di mantenere vivo questo sogno”, aggiunge Leo Lewis (Financial Times), “e se tra un anno ci staremo preparando per i Giochi della rinascita, sarebbe una grande vittoria”. Questo non solo per ragioni sportive e per il simbolo di resilienza globale alle difficoltà che rappresenterebbe una tale “vittoria”. La posticipazione dell’evento, infatti, è stata un duro colpo per molte parti coinvolte, ma il suo annullamento rappresenterebbe un danno economico gigantesco, stimato da alcuni media intorno ai 40 miliardi di euro. Da sogno a incubo a cinque cerchi, insomma.
In questo senso, ovviamente, l’economia dello Stato giapponese (già in stato recessivo a causa della pandemia) è la parte più esposta. Innanzitutto, è opportuno sottolineare che, per calcolare quanto il rinvio delle Olimpiadi abbia colpito il Paese, bisogna tenere a mente che la maggior parte dell’investimento per l’organizzazione e la preparazione dei Giochi è già avvenuto. Ciò significa che gli effetti delle spese sono già stati inclusi nel prodotto interno lordo nazionale e che i preparativi per i Giochi olimpici sono considerati una perdita finanziaria. Il governo metropolitano di Tokyo aveva stimato che le Olimpiadi avrebbero dovuto garantire 275 miliardi di euro all’economia giapponese nel periodo tra il 2013 (data dell’assegnazione dei Giochi) e il 2030, derivanti principalmente da turismo, incremento della spesa domestica, sviluppo urbano della capitale e uso prolungato di nuove strutture. Inoltre, le previsioni per il 2020 parlavano di 2 milioni di turisti stranieri in più rispetto a quelli dell’anno scorso. Da questo punto di vista, in una situazione particolare come quella attuale, è complicato stimare – più o meno precisamente – l’ammontare del danno, come ha sottolineato Leo Lewis. “I soldi persi, quelli che sarebbero stati spesi tra giugno e settembre di quest’anno, potrebbero essere poco meno di 3 miliardi di euro, secondo alcune stime. Però c’è da dire che questa cifra potrebbe essere spesa nel 2021 e che in realtà il turismo è fermo non a causa del rinvio, ma della pandemia, quindi i dati sono un po’ falsati”. La questione più grande è quanto servirà in più, a questo punto, per (ri)organizzare i Giochi nel 2021. “La maggior parte del budget di 23 miliardi di euro è già stato speso e il costo stimato dai giapponesi per il rinvio è compreso tra i 2 e i 6 miliardi di euro”.
L’improvviso slittamento della manifestazione causerà un’infinità di difficoltà logistiche, oltre che di controversie legali, commerciali e contrattuali. A partire dalla rinegoziazione di contatti di locazione e accordi per le infrastrutture, fino a un tema attualmente molto discusso dai media nipponici, ovvero la suddivisione dei nuovi costi tra Giappone e Comitato Olimpico. Nel 2013 il governo di Tokyo aveva firmato un accordo con il CIO in cui assicurava di farsi carico di tutti i costi in caso di rinvio dell’evento. In tale accordo, però, era stabilito che, “in presenza di difficoltà impreviste, il Giappone può presentare una richiesta di ragionevole cambiamento nell’accordo esistente”. Tuttavia, chiaramente, “il CIO non è obbligato a prendere in considerazione o accogliere tali modifiche”.
Più della metà degli sponsor, secondo un sondaggio pubblicato da Nippon Hōsō Kyōkai, non sarebbero sicuri, allo stato attuale, di confermare la partnership in seguito al rinvio delle Olimpiadi, minando così le solide basi di un’Olimpiade che si apprestava a sancire uno storico record, con i 3 miliardi di euro di entrate previste da sponsorizzazioni (tre volte tanto rispetto a Londra 2012 e Rio 2016). Il Comitato organizzatore di Tokyo 2020 poteva fare affidamento, fino al 24 marzo, su 80 accordi di sponsorizzazione da oltre 175 milioni di euro – tra cui quello record di Toyota (730 milioni di dollari dal 2017 al 2024), ma anche di altri colossi multinazionali come Coca-Cola, Airbnb, Alibaba, Intel, Panasonic e Visa. Un altro nodo cruciale, poi, riguarderà la ri-negoziazione degli accordi con le emittenti TV di tutto il mondo. I diritti di trasmissione delle Olimpiadi rappresentano infatti più del 70% delle entrate del CIO. Basti pensare che la sola NBC aveva un accordo da 1,3 miliardi di euro per la trasmissione esclusiva negli Stati Uniti, e che aveva già venduto spazi pubblicitari per una cifra superiore al miliardo di euro. Inoltre, il rinvio delle Olimpiadi metterà a dura prova quella miriade di società, attività e imprese giapponesi nate per fronteggiare l’enorme affluenza turistica che i Giochi avrebbero garantito al Paese del Sol Levante – e non soltanto alla sua capitale – nell’estate 2020. Erano infatti attesi circa 11.000 atleti da 206 Nazioni per 33 diversi sport, e grazie a loro ci si aspettava che arrivassero circa 7.000 funzionari, 25.000 rappresentanti dei media, 80.000 volontari e 900.000 spettatori giornalieri. E se il pubblico aveva già acquistato quasi 5 milioni di biglietti per assistere dal vivo alla manifestazione, adesso ci sono centinaia di migliaia di prenotazioni (viaggi e alloggi in primis) da riorganizzare. La manutenzione, la riparazione, la gestione degli stadi e del Villaggio Olimpico, infine, dovrebbero generare costi per circa 185 milioni di euro. Nonostante questo gigantesco danno, comunque, gli organizzatori prevedono che i Giochi produrranno lo stesso un impatto significativamente positivo sull’economia del Giappone. Dall’aumento della domanda (prevista oltre i 100 miliardi di euro) agli introiti diretti nel breve e lungo periodo (che dipenderanno in larga misura dalla modalità con cui le Olimpiadi potranno svolgersi), fino all’effetto-leva sull’occupazione (le stime parlano di quasi 2 milioni di nuovi posti di lavoro, di cui 1,3 milioni soltanto nel distretto di Tokyo). Nel 2020, insomma, “shikata ga nai”, “non c’è niente da fare”. Ma per il 2021 la speranza è che la torcia olimpica possa finalmente arrivare a Tokyo e inaugurare la 32esima edizione dei Giochi. La domanda, in assenza di un vaccino efficace per il Covid-19 (che tutti aspettiamo, incrociando le dita), è come si potrebbero presentare le Olimpiadi in versione… “pandemizzata”. Toshiro Muto, CEO di Tokyo 2020, ha anticipato che “la prossima edizione non si svolgerà in grande splendore”, cioè nella forma classica dei passati Giochi, ma con ogni probabilità sarà semplificata. Muto ha spiegato, poi, che il Comitato della manifestazione sta esaminando oltre 200 proposte per “snellire” l’evento e ridurne i costi, non potendo escludere, purtroppo, la possibilità di prevedere delle limitazioni sul numero di spettatori. Con la speranza che un vaccino possa presto spazzare via tutti questi discorsi, con la stessa rapidità con cui il virus ha stravolto ogni scenario.
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Articolo redatto e pubblicato nella sua versione originale per la rivista Sportbusiness Magazine – Sport Press