La ricchezza mineraria dell’Africa è nota sin dall’antichità, l’importanza geostrategica delle coste si è manifestata durante la seconda guerra mondiale ed è diventata un punto cardine della lotta tra USA e URSS durante la Guerra Fredda e riaffacciatosi prepotentemente nell’ultimo decennio attraverso nuovi attori.
La zuffa per l’Africa del XXI secolo aggiunge un nuovo ingrediente a quanto già in atto, la nuova corsa al continente ha come centro di gravità la popolazione.
Consci delle problematiche continentali, con questo articolo vogliamo mettere in risalto il potenziale umano del Continente, quale perno della nuova politica di penetrazione straniera in Africa.
Purtroppo, molto spesso, il bias cognitivo di Kipling ci fa considerare l’Africa un Paese senza storia e senza possibilità. Ma le strategie della nuova corsa all’Africa mostrano il contrario!
L’idea dell’Africa è associata immediatamente a povertà, aiuti internazionali, fame e guerre. Questo approccio sminuisce la complessità di un continente, esteso e vario, sull’unica dimensione del sottosviluppo e della dipendenza. Le migrazioni internazionali dall’Africa verso le sponde mediterranee dell’Europa sono un fenomeno che recentemente ha riproposto la tendenza a schiacciare il continente su un unico piano, deformandone la complessità.
I dati mostrano un continente con una crescita demografica esponenziale, dove la Nigeria è lo stato con il più alto tasso di crescita della popolazione.
Il continente politicamente è suddiviso in 55 stati, alcuni molto attivi a livello regionale: Etiopia, Kenya, Nigeria, Egitto, Marocco, Sudafrica, stati che hanno una sovranità effettiva. Accanto a questi giganti regionali vi è un climax di sovranità che va da quella debole dello Zambia e della Namibia, passando per quella decorativa di Niger, Mali, repubblica centroafricana per arrivare fino ai due stati falliti, Somalia e Libia, dove si incontrano tutti gli interessi continentali, nazionali e di attori non governativi (trafficanti di uomini, terroristi, trafficanti di idrocarburi e risorse minerarie).
I grandi Paesi continentali sono riusciti a creare un’Area di libero scambio continentale africana. L’accordo, siglato il 21 marzo 2018, è stato firmato da 44 dei 55 membri dell‘Unione africana (UA) nel corso di un vertice straordinario a Kigali (Ruanda). L’incontro si è tenuto sotto l’impulso del Presidente del Ruanda Kagame, a dimostrazione del vivace dinamismo che egli ha saputo imprimere all’UA durante la sua Presidenza di turno.
Nei primi anni duemila, il tasso di crescita medio annuo dell’economia dell’Africa è stato pari a circa il 5% e quello pro capite al 2,5%. Questa progressione è trainata dalle principali economie continentali (Sudafrica, Egitto, Nigeria,Algeria e Angola).
Un dato strutturale legato alla crescita economica è quello della crescita demografica. Lo sviluppo sostenibile, in termini sia sociale che ambientale, ha a che vedere con la distribuzione della ricchezza prodotta, ma anche con l’andamento della dinamica demografica.
Le politiche straniere sono rivolte alla popolazione. I più attivi in questo campo sono gli Stati uniti, che considerano strategico lo sviluppo tecnologico del continente per contrastare l’azione dei contendenti. Accanto alla politica di presenza militare, gli USA hanno implementato delle iniziative di sviluppo basate sugli scambi commerciali e sulla progressiva apertura dei mercati, estendendole in particolare alle nuove tecnologie, con il coinvolgimento soprattutto dei giovani: non è un caso che i migranti che sbarcano abbiano dei devices moderni!
Il comando statunitense per l’Africa (Africom) mantiene contati con numerosi paesi per coordinare la politica di sicurezza del continente. La strategia economica è invece incentrata sull’African Growth and Opportunity Act (AGOA). Il programma di crescita statunitense (U.S. Strategy Toward Sub-Saharan Africa) ha come scopo di promuovere lo sviluppo economico e l’apertura economica tra i paesi africani e gli Stati Uniti, sfruttando soprattutto un programma volto alla formazione dei futuri leader continentali (Young African Leaders Initiative).
Queste iniziative sono rivolte, principalmente, ai giovani del continente più giovane del pianeta (circa il 60% della popolazione africana è sotto i 35 anni), l’uso delle nuove tecnologie dell’informazione gioca un ruolo importante.
Accanto all’iniziativa federale si è integrata quella di industrie private hi-tech. Da questo sodalizio pubblico-privato statunitense sono nati dei programmi volti allo sviluppo della rete in Africa. I giganti della Silicon Valley hanno fiutato l’affare di un mercato di circa 1.2 miliardi di utenti, destinate a raddoppiare nei prossimi trent’anni.
A guidare le iniziative private sono Facebook, Google e Microsoft. Quest’ultima ha lanciato la Microsoft 4Afrika Initiative, che ha come scopo diffondere l’uso di smartphone e tablet, e mettere online un milione di piccole e medie aziende africane, migliorare le capacità di 100 mila lavoratori africani nel campo dell’ information technology (IT) e formarne altri 100 mila, il 75% dei quali verrà aiutato da Microsoft a trovare lavoro. Le principali basi operative sono in Sudafrica ed Egitto, in Kenya e Nigeria.
La promozione della diffusione del digitale in Africa da parte di Washington sembra voler attrarre le generazioni giovani in maniera da creare una mentalità aperta a possibilità di sviluppo liberal e all’intraprendenza del privato.
Le impressionanti cifre legate al commercio fanno della Cina il principale partner commerciale, ma non è il principale investitore in Africa. Come abbiamo appena visto, il primato è, al momento, degli Stati Uniti. Eppure Pechino sembra l’asso piglia tutto nel continente!
Il continente ha un ruolo fondamentale nella strategia della Repubblica Popolare. Le basi delle relazioni sino-africane si possono così sintetizzare: insistere sull’uguaglianza politica e la fiducia reciproca; consolidare la cooperazione economica win-win; proseguire con gli scambi culturali; aiutarsi reciprocamente nel settore della sicurezza; consolidare l’unità e la coordinazione negli affari internazionali; difendere gli interessi comuni.
Il luogo del dialogo è costituito dal Forum per la cooperazione Cina-Africa.
Anche il soft power cinese punta sulle nuove generazioni, per questo è molto attiva in progetti per la riduzione della povertà incentrati su donne e bambini. Ha introdotto la possibilità per duemila studenti africani di conseguire diplomi e lauree cinesi attraverso borse di studio governative. Inoltre, ogni anno sono ospitati ricercatori africani in Cina al fine di formare professionisti nel settore della comunicazione.
In questo campo è attiva la principale concorrente delle aziende californiane è Huawei. L’azienda cinese, dapprima partner di Microsoft, ha aperto un centro di formazione a Kinshasa per lanciare sul mercato africano Huawei4Afrika.
L’Africa è il continente in cui la Cina riscuote più consenso al mondo, Pechino ha da tempo iniziato una penetrazione legata allo sviluppo di infrastrutture strategiche, come la ferrovia Addis Abeba-Gibuti, passando per le politiche agricole di approvvigionamento di prodotti agricoli.
Benché la Cina sia restia all’impiego massiccio di truppe, ha da tempo avviato un programma volto a sostenere la creazione e l’attività dell’African Stanby Force (le forze di peacekeeping africane) e dell’African Capacity for the Immediate Response to Crisis, al fine di contrastare il modello americano importato nella NATO, per questo sono aumentate le truppe cinesi nel continente.
Questo attivismo di Pechino è volto a consolidare le aree dove sboccheranno le appendici della Belt and road initiative.
Accanto ai due giganti geopolitici vi sono le iniziative aggressive di Russia e Turchia e ai tentativi europei di limitare i danni.
Mosca ha riscoperto la valenza strategica africana, sulla scia del dinamismo cinese in campo commerciale e geopolitico, Vladimir Putin ha voluto suggellare il suo interesse attraverso un vertice Russia-Africa, tenuto nel 2019 a Sochi. Un modo per ribadire l’eredità sovietica dell’interesse russo in Africa. Mosca sta rivitalizzando le vecchie reti di legami sovietiche, cooptando nuovi partner.
La strategia russa segue due direttrici: primo, condonare il debito d’epoca sovietica; secondo, fornire armi in cambio di sfruttamento minerario.
Anche nella strategia russa giocano un ruolo di primo piano le aziende private, in questo caso energetiche, i colossi pubblici hanno fatto il resto.
La diplomazia militare è il fulcro della politica russa: addestratori, contractors veterani della vittoriosa guerra in Siria sono i biglietti da visita per la nuova avventura di Mosca che ha già trovato le zone strategiche dove far valere le lezioni apprese in medio-oriente e in Crimea. Queste zono corrispondono ad altrettanti dossier seguiti dai militari russi e passsano dalla crisi fra Sudan del Sud, passando per Centrafrica, Mali, fino ad arrivare alle più scottanti questioni della Somalia, Sahara occidentale e Libia.
In questi ultime questioni sono inserite le più attive potenze regionali: Egitto e Turchia, che rispolverano i vecchi attriti tra il regno dei Mamemlucchi e l’impero Ottomano. L’azione di Istanbul è volta a ricreare una compagine dal Mediterraneo all’oceano Indiano sotto il segno dell’Islam. Per questo motivo è molto attiva e sostiene le formazioni islamiche del continente, soprattutto nel Corno d’Africa, dove si scontra con l’Etiopia, inondata da risorse cinesi. D’altro canto Il Cairo supporta la visione laica della questione regionale libica, supportata dalla regia del principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti e dai fondi dell’Arabia Saudita.
Il modello di rapporto attuato dall’Unione Europea mira ad attuare relazioni alla pari. La nuova commissione Europea, presieduta Ursula von der Leyen, vuole coinvolgere le nuove generazioni al fine di costruire dei rapporti futuri basati su relazioni alla pari. L’Unione Europea vorrebbe cooperare con l’Africa non per l’Africa.
L’appiglio a cui si rifanno le istituzioni europee è quello della similitudine tra l’Unione Europea e l’Unione Africana. L’accelerazione dello sviluppo regionale africano, volto alla creazione della più ampia zona di libero scambio all’interno dell’organizzazione mondiale del commercio. I vertici europei puntano ad una collaborazione fondata su interessi e valori comuni, cercando di condividere le sfide come transizione verde e accesso all’energia, la trasformazione digitale, crescita sostenibile, pace e governance, ma soprattutto migrazione e mobilità.
SUl campo l’ UE è impegnata attraverso l’accordo di Cotonou, in scadenza nel 2020, in cui l’obiettivo è stato quello di condurre la relazione Africa-UE ad un nuovo livello strategico, con un partenariato politico rafforzato e una maggiore cooperazione a tutti i livelli.
Le sfide per il continente si giocano su molti fronti, vincerà ancora una volta il modello del più aggressivo, non solo in termini militari, oppure il modello mirato a relazioni tra pari di cooperazione e sviluppo?