A cura di Francesco Chirico

Alle ore 21:22 italiane del 30 maggio 2020, è iniziata una nuova era dell’esplorazione spaziale: la capsula Crew Dragon di SpaceX è stata lanciata dallo storico Kennedy Space Center di Cape Canaveral verso la ISS – International Space Station. A bordo i due veterani NASA Doug Hurley e Bob Behnken, rispettivamente di 54 e 50 anni.

Simone Jovenitti dell’associazione Physical Pub, che ha trasmesso in diretta il lancio della capsula (qui si può rivedere in differita), ci spiega come mai questo lancio è stato così importante, tanto che nella conferenza stampa a bordo della ISS gli astronauti hanno esclamato “Questa è l’alba di una nuova era!”.

La Crew Dragon e il corridoio di accesso per gli astronauti. ©SpaceX (Flickr)

«Ci sono vari motivi per cui questo lancio è così importante. Innanzitutto, era da ben 9 anni che gli astronauti non decollavano dal suolo americano, di preciso dall’8 luglio 2011, quando partì l’ultima missione dello Space Shuttle (STS-135). Da allora, gli astronauti hanno sempre raggiunto la stazione spaziale grazie alle capsule Sojuz, decollando dal cosmodromo di Bajkonur in Kazakistan, amministrato dalla Russia. Oltre che motivo di imbarazzo per gli Stati Uniti, questa situazione era inoltre decisamente penalizzante: poter lanciare i propri astronauti da uno spazioporto locale avrebbe costituito un grande risparmio sia in termini di denaro che di burocrazia. Lo spazioporto c’era, mancava la capsula! Ecco perché il lancio della Crew Dragon costituisce un passo importante per l’imminente esplorazione umana della Luna e di Marte

Guanti touch e tute di Hollywood

Dopo 9 anni dall’ultimo Space Shuttle, questo ritorno ha portato con sé una grande mole di innovazione, dovuta anche al fatto che la missione è stata sviluppata da un’azienda privata, e già solo questo ha rappresentato una novità assoluta nel mondo dell’esplorazione spaziale.

«L’importanza di questa missione risiede anche nelle numerose innovazioni che presenta. Il razzo, il Falcon 9 di SpaceX, è in grado di compiere un atterraggio controllato dopo aver sganciato la capsula in orbita, in modo da poter essere recuperato e riutilizzato per altri lanci. La capsula, la Crew Dragon, è la nona navicella della storia che trasporta esseri umani in orbita ed introduce numerosi miglioramenti tecnologici. Adesso tutti i controlli sono touch-screen, le manovre più delicate sono automatiche e gli astronauti sono tutt’uno con la capsula grazie ai collegamenti delle tute che indossano. Quest’ultime sono state completamente ridisegnate grazie a un designer di Hollywood, mentre i caschi sono realizzati con la stampa 3D. Per un’azienda privata come SpaceX, anche l’aspetto esteriore è fondamentale.»

L’atterraggio del Falcon 9, sulla piattaforma galleggiante. ©SpaceX (Flickr)

Ha fatto impressione vedere un astronauta con gli occhiali, molto lontano dallo standard iniziale degli astronauti, ma se il futuro è di portare chiunque nello spazio, si dovranno adattare le macchine alle caratteristiche personali.

«All’inizio le tute erano più standard, così l’astronauta doveva possedere un corpo perfetto per poterla indossare. Oggi le tute (e perfino i sedili) vengono personalizzati per tenere in considerazione le caratteristiche di ognuno: ecco perché portare gli occhiali non è più un problema!
Entrambi gli astronauti della Crew Dragon avevano già volato nello spazio, Doug Hurley in particolare proprio a bordo dell’ultima missione Space Shuttle. In quell’occasione era stata lasciata a bordo della ISS la bandiera americana che aveva volato con la prima missione dello Shuttle: solo quando gli americani sarebbero tornati a decollare dal suolo americano la bandiera sarebbe stata riportata a Terra. Ebbene, Doug è tornato a prendersela! Forse ne sentivano la nostalgia in famiglia, dato che anche sua moglie, l’astronauta Karen Nyberg, era stata a bordo della ISS.»

Doug Hurley e Bob Behnken a bordo della Crew Dragon poco prima del lancio. ©SpaceX (Flickr)

Nel 1961, Alan Sheppard, primo americano nello spazio, fu lanciato a bordo di una navicella che aveva probabilità di esplodere 6 volte su 10. In questi anni gli standard di sicurezza sono migliorati, arrivando a procedure provate e riprovate fino alla perfezione, ma NASA e SpaceX non la vedono allo stesso modo. Per la NASA il motto era “Failure is not an option”, mentre SpaceX è andata avanti nel suo sviluppo per prove ed errori, almeno finché a bordo c’erano solo metallo e carburante..

«Ci sono numerose innovazioni anche nel campo della sicurezza per gli astronauti, che hanno permesso di eseguire alcune operazioni delicate con delle nuove modalità. Ad esempio, con SpaceX il caricamento a bordo del propellente avviene all’ultimo momento, dopo che sono entrati gli astronauti: una procedura che in passato è sempre stata troppo pericolosa per essere compiuta. In caso di pericolo, il sistema di espulsione della capsula invece è simile al passato: ci sono 8 motori a bordo della Crew Dragon che sono in grado di allontanarla dal razzo qualora ce ne fosse la necessità. Comunque, la sicurezza del razzo è tale che numerosi astronauti potrebbero decollare con il medesimo veicolo (recuperato e riciclato), ma su questo la NASA ha posto un veto: tutte le volte che verranno lanciati astronauti americani il razzo dovrà essere al primo utilizzo. Si potranno sfruttare i razzi riciclati per i lanci cargo, come avviene già per i satelliti Starlink, abbattendo notevolmente i costi.»

Uno dei test dell’atterraggio dei razzi SpaceX, che ruotano in volo e atterrano frenando con gli stessi motori usati per partire. Per aumentare la difficoltà, l’atterraggio avviene su una piattaforma galleggiante (qui il video di un atterraggio su piattaforma).

Prossimi passi: Luna, Marte e turismo spaziale

«Un’altra grande innovazione, forse la più importante, è che SpaceX è un’azienda privata, non un ente governativo come la NASA. Come tutte le aziende, per sopravvivere, deve vendere i suoi prodotti, ma anche mantenere un alto livello di popolarità: per questo motivo ci sono vari elementi che rendono i lanci più spettacolari e interessanti. Ad esempio, a bordo della Crew Dragon c’era un pupazzo a forma di dinosauro con la funzione di indicatore di assenza di gravità! Un gadget che è subito andato a ruba nello shop on line di SpaceX.»

Il dinosauro “Tremor the dinosaur” usato come indicatore di assenza di gravità, in vendita nello shop di SpaceX. ©Space.com

Il grosso investimento di Elon Musk nell’industria aerospaziale ha portato anche a una rivoluzione di stampo economico all’interno di questo settore:
«I privati sono sempre stati fondamentali nel campo aerospaziale, ma in passato lavoravano su commissione degli enti governativi, mentre adesso la situazione è cambiata. SpaceX ad esempio, sta sviluppando di propria iniziativa numerose tecnologie spaziali, le quali gli garantiranno un notevole ritorno economico in futuro. È questo il caso della connessione internet fornita dai satelliti StarLink, che l’esercito americano ha già dichiarato di voler utilizzare. L’ingresso dirompente dei privati orientati al profitto ha generato una vera rivoluzione anche nell’ambito dell’esplorazione spaziale. Un tempo, la NASA chiedeva alle industrie di realizzare i componenti per i suoi razzi, mentre adesso SpaceX ha sviluppato sia il razzo che la capsula per conto proprio, e poi li ha venduti alla NASA per portare in orbita gli astronauti americani. La differenza è sottile, ma fondamentale.»

Oltre al lato economico, si fanno veramente vicini i grandi sogni dell’esplorazione spaziale: una base stanziale sulla Luna e raggiungere Marte.
«Gli obiettivi di SpaceX sono quelli di portare l’uomo privatamente nello spazio e, col tempo, su Marte. Per raggiungere questi traguardi il prossimo passo (ormai imminente) dell’esplorazione spaziale è il ritorno sul nostro satellite: la NASA ha già selezionato 3 vettori per raggiungerlo nuovamente, di cui uno è la famigerata StarShip di SpaceX. Sulla Luna ci saranno due siti: uno in orbita, il Lunar Gateway, e l’altro al suolo. Il Gateway permetterà di semplificare i trasferimenti dalla Terra alla Luna, dove potremo sfruttare nuove risorse energetiche, installare strumenti scientifici e, soprattutto, iniziare ad assemblare la nave che ci permetterà di raggiungere Marte. Infatti, così come la ISS è stata assemblata in orbita, qualsiasi altra navicella di grandi dimensioni andrà, almeno in parte, assemblata al di fuori del nostro pianeta, per evitare di dover lanciare un unico oggetto estremamente pesante ed ingombrante. È così che entro i prossimi quattro anni vedremo di nuovo l’uomo sulla Luna, con uno spirito decisamente diverso rispetto al passato: quello di restare.»

Negli anni 2000 la mente geniale di Matt Groening posizionava sulla Luna il “Luna Park” con il relativo “Luna Parking” nel cartone Futurama, ambientato nell’anno 3000. SpaceX anticipa di molto lo scenario, con il Lunar Gateway e la base lunare simulata nell’immagine a destra. ©SpaceX (Flickr)

Per il ritorno – dopo 110 giorni – sarebbe stato previsto un atterraggio, ma data la fretta per questa missione, è stato concordato con NASA un classico ammaraggio: capsula – sempre lei, la Crew Dragon – che attraversa l’atmosfera, apre i paracadute e ammara, in pieno stile Apollo.

La forza del privato, e la collaborazione con NASA, ha portato a questo risultato. Questa è l’ennesima conferma che per raggiungere i prossimi obiettivi spaziali è necessaria una piena collaborazione a livello mondiale. Nazioni e privati, America e resto del mondo.