Meccanismi naturali di ogni giorno
Ogni essere vivente su questa terra vive due vite parallele. La prima è quella del singolo, dalla nascita fino alla morte, con tutte le difficoltà del caso. La seconda è quella della specie a cui appartiene: qui l’individuo è solo un tassello di un’entità più grande. Sono secoli che gli ecologi studiano i meccanismi che regolano le specie, ma ancora oggi i modelli matematici elaborati possono fornire solo un’approssimazione della realtà, anche se spesso molto accurata.
La base di tutto è l’equazione logistica, che si basa su due semplici fattori: una popolazione cresce in maniera esponenziale, ma solo finché non raggiunge una sua capacità portante. Questo limite dipende da molti fattori, tra cui le condizioni ambientali, l’abbondanza delle risorse e i possibili predatori. Introducendo queste variabili, l’equazione si complica. Nel 1925 viene studiato il modello di Lotka-Volterra: qui sono inclusi sia i fattori che regolano la vita della singola specie, sia quelli che regolano la competizione interspecifica tra più popolazioni.
Nel caso più semplice, quello con due sole popolazioni, il modello mostra 4 equilibri possibili: la prevalenza della prima specie, la prevalenza della seconda, un equilibrio in cui nessuna delle due raggiunge la capacità portante, e un equilibrio in cui la raggiungono entrambe. Quest’ultimo significa che le due specie non interferiscono l’una con l’altra, e quindi non fanno parte della stessa nicchia ecologica.
Al contrario, qualunque sia il numero di specie, se due specie sono nella stessa nicchia ecologica (quindi usano le stesse risorse) o entrambe rinunciano alla massima espansione, oppure una si estinguerà.
Nei modelli preda-predatore esiste sempre l’equilibrio nullo (zero prede, zero predatori): succede, per esempio, quando il predatore consuma più prede di quante se ne riproducano. Questo è applicabile alle specie animali, vegetali, ma anche all’uomo. Se non fossero state introdotte regole a livello internazionale sulla caccia alle balene, avremmo già raggiunto la loro estinzione. Noi sopravviviamo semplicemente perché la balena non è l’unica nostra fonte di sostentamento.
Tutti questi meccanismi funzionano quando i giochi sono fermi. Se arriva qualche estraneo – le cosiddette specie alloctone – gli equilibri possono rompersi velocemente. Specie nuove in un ecosistema possono non avere un predatore naturale, e crescere senza controllo. Molte delle specie che fanno parte del nostro paesaggio sono arrivate da noi come specie alloctone, si sono diffuse molto velocemente e non hanno più lasciato il posto ad altri.
Gli esempi italiani più evidenti sono lo scoiattolo grigio, la robinia e la nutria che, allevata per la pelliccia nel secondo dopoguerra, venne liberata dagli allevamenti e colonizzò i fiumi italiani.
Darci un taglio
Ci sono casi in cui le popolazioni crescono ben oltre la loro capacità portante, per fortunate combinazioni di eccesso di risorse o scarsità di predatori. In casi come questi, può succedere che una malattia prenda il sopravvento e generi un’epidemia che riporta la popolazione al di sotto della capacità portante. Spesso arriva in coppia con una carestia o altri fenomeni ambientali. Studiando le popolazioni, ci si rese presto conto che una malattia può essere studiata esattamente come una popolazione. In questo caso cambiano le carte in tavola: i membri della popolazione sono gli infetti della popolazione malata, il tasso di fertilità diventa il tasso di infettività e le equazioni si complicano con altre variabili.
Una delle cose curiose che risulta dallo studio delle malattie, è che malattie con un alto tasso di mortalità non riescono a diffondersi come altre. Se un infetto muore in poco tempo, si riduce anche il tempo in cui può infettare altri individui, e la malattia non riuscirebbe a diffondersi. Questo meccanismo non è valso però per Ebola che, riuscendo a infettare altri individui anche tramite il contatto con i cadaveri, è riuscita a diffondersi molto in fretta anche con una mortalità molto elevata.
Massima attenzione
Con tutti i servizi di cui disponiamo oggi, le carestie non sono più un problema nei paesi del primo mondo. Le epidemie anche, almeno per le malattie per cui abbiamo sviluppato un vaccino. Le società tradizionali, sono molto più soggette ai fattori naturali. Gli indigeni della Nuova Guinea, come molte altre popolazioni, hanno capito che superare la capacità portante non è una buona idea. Senza ospedali e strutture di supporto specializzate, un individuo che non sia in ottima forma fisica non ce la farà a sopravvivere, e soprattutto danneggerà l’intera popolazione.
L’etica dei !kung dei deserti africani meridionali per esempio, gli evita di addentrarsi in complicati dibattiti su aborto, diritti di donne e bambini: la vita inizia quando l’individuo ha un nome, prima non esiste. Spetta alla madre il compito di controllare che il figlio sia in buona salute e, solo in caso di esito positivo, dargli un nome e presentarlo alla comunità. Anche in caso di parti gemellari o parti a distanza di meno di due anni, la madre non porterà in comunità il bambino. Fra le popolazioni !kung non esistono gemelli vivi. Non effettuare questa selezione significa solamente lasciare che sia la natura a scegliere. In questo modo almeno, i !kung hanno optato per una selezione ottimale. La selezione continua con l’ingresso all’età adulta. I riti di passaggio mietono altre vittime, e a sopravvivere sono sempre gli individui più forti.
Ormai siamo in grado di controllare molte malattie, abbiamo scorte di cibo che ci permettono di superare lunghe carestie. Tutto questo ha alzato di molto la nostra capacità portante, ma non siamo esenti dai meccanismi che regolano ogni popolazione terrestre. Con l’aumento a dismisura della popolazione umana, è bastato un virus altamente infettivo e senza un vaccino pronto all’uso, come il COVID-19, per riportarci al nostro posto.
Bibliografia: Il mondo fino a ieri. Jared Diamond