Qualche settimana fa, qui su The Pitch, parlando delle diverse sfaccettature dell’animale mafioso si descriveva quest’ultimo come un camaleonte adattivo. Il paragone veniva proposto sulla base della natura sorprendentemente duttile delle mafie, abili nell’adattarsi – spesso prima di tutti – ai mutamenti imposti da un determinato contesto. Una peculiarità che risulta ancora più evidente, e vantaggiosa, nelle situazioni di emergenza.
In simili condizioni e precisamente per la loro spiccata capacità di adattamento, le organizzazioni mafiose riescono infatti a trarre il massimo laddove altri, diversamente, faticano ad andare avanti. Normalità o emergenza, non fa differenza: le mafie cambiano in base al contesto, adattandosi ad esso per poter continuare a sfruttarlo. Mutatis mutandis, l’obiettivo mafioso rimane sempre quello. Anche, e soprattutto, in tempo di Coronavirus.
Proprio in queste settimane, a causa della minaccia rappresentata dal Covid-19, ci troviamo costretti ad affrontare una delle crisi trasversalmente più impattanti dell’epoca contemporanea. La quarantena, il blocco delle attività professionali, la limitazione dei movimenti di merci e persone, la riduzione dei servizi al cittadino, sono solo alcuni degli elementi che definiscono la situazione di totale emergenza che ha bloccato l’Italia, e con lei il mondo. Eppure esiste qualcuno che in questo contesto potrebbe non solo sopravvivere, ma addirittura trarne vantaggio: è il camaleonte mafioso.
Sarebbe pertanto cosa buona e giusta interrogarsi su quelle che sono le opportunità che l’attuale emergenza pandemica potrebbe offrire a questo subdolo animale dell’ecosistema criminale.
Innanzitutto è bene sottolineare come le organizzazioni criminali italiane, ma non solo, traggono indubbio giovamento dal fatto che l’attenzione mediatica sia completamente monopolizzata dai discorsi sul Coronavirus. Tutti i riflettori sono puntati sui possibili sviluppi di questa terribile malattia e le mafie, già poco presenti sulle pagine di giornale, possono godere di un elemento storicamente fondamentale per i propri affari criminosi: il silenzio.
Si può poi ipotizzare che la particolare situazione di emergenza in cui ci troviamo favorisca i tradizionali traffici illeciti della criminalità mafiosa, dati i minori controlli cui vengono sottoposte le merci. E’ infatti fondamentale, in simili circostanze, garantire la maggiore rapidità di spostamento possibile dei carichi, soprattutto di quelli via mare e per via aerea. Sarebbe lecito pensare che le mafie di tutto il mondo, maestre nel seguire e sfruttare questo tipo di rotte, si siano già attivate affinché le proprie merci seguano i medesimi ritmi.
Tra i prodotti trafficati, le droghe rappresentano sicuramente il cuore dei guadagni mafiosi. La quarantena imposta in gran parte dei paesi colpiti dal virus non diminuirà le richieste di materia prima – come hanno dimostrato le interminabili code di clienti in fila davanti ai coffee shop di Amsterdam – ma anzi potrebbe addirittura incrementarle. In un simile scenario la tecnologia, grazie a strumenti crittografati come Whatsapp o Telegram, manterrà in vita un commercio che, privato delle piazze di spaccio, potrà comunque continuare a sopravvivere grazie alla spedizione per posta.
Un altro mercato che potrebbe poi attirare l’interesse mafioso è direttamente legato all’attuale emergenza medica. Il pensiero va infatti alla mole di materiale sanitario – respiratori, mascherine, tute, farmaci- di cui necessitano con urgenza gli ospedali e i cittadini di mezzo mondo. Sarebbe alquanto naïf ritenere che le organizzazioni criminali non abbiano annusato questa opportunità o, più probabilmente, che non vi si siano già infiltrate. Del resto il profitto rappresenta la droga preferita dall’imprenditore mafioso: che sia una pandemia a generarlo, non è di suo interesse.
Ciò da cui però dovremmo guardarci con maggiore attenzione è il ruolo che le mafie potrebbero andare a ricoprire nell’emissione dei servizi. Difronte alla limitazione, se non addirittura alla soppressione di taluni di questi, il cittadino potrebbe trovarsi difatti propenso ad accettare l’aiuto di determinati soggetti criminali. Tutto ciò che lo stato non dovesse essere in grado di garantire celermente – o non dovesse garantire affatto – potrebbe così diventare terreno di investimento mafioso.
E’ già da diversi anni che i capitali mafiosi sono stati veicolati in direzione di imprese di servizi. Questo, unito al tradizionale controllo del territorio, potrebbe portare le mafie a sostituirsi allo stato come soggetto di riferimento per il cittadino in difficoltà. Un fantasma di riiniana memoria, sconfitto in passato grazie allo sforzo di magistrati e società civile ma che potrebbe parzialmente riaffacciarsi agli inizi di questa nuova decade a causa dell’emergenza pandemica.
In un contesto dove si è impossibilitati a lavorare, dove la produzione è ferma e la paura spinge le persone ad assaltare i supermercati, ecco che il camaleonte mafioso cambia colore, si adatta al contesto e si dimostra disponibile a soddisfare le istanze del popolo.
Può così venire incontro ai cittadini garantendo loro il quotidiano approvvigionamento di farmaci e alimentari, evitandogli code e fastidi, o tenerli al riparo dalle decisioni scellerate dei loro politici – come accaduto in Brasile con i narcos che hanno imposto il coprifuoco nonostante le disposizioni di Bolsonaro. Eccolo poi che può dimostrarsi amico dell’imprenditore in difficoltà, elargendogli quella quantità di denaro in grado di farlo sopravvivere qualche mese in più – giusto il tempo per spremerlo a dovere con tassi di interesse astronomici – o assicurandogli la continuità nella produzione obbligando i dipendenti a lavorare dietro la minaccia di ripercussioni.
E’ forse questa l’opportunità più ghiotta – e per noi spaventosa – che il Coronavirus potrebbe offrire alle mafie: il vero pericolo è infatti che non aumenti solo il loro capitale economico ma che cresca anche e soprattutto quello sociale nei confronti della popolazione. In una situazione di totale emergenza dove gli stati sono inevitabilmente impegnati a 360 gradi nel contrasto a questa pandemia, potrebbe aprirsi uno spiraglio per il crimine organizzato per reclamare nuovamente e con più veemenza quel ruolo di moderatore e garante della vita sociale che l’ha contraddistinto per molto tempo.
Per evitare che ciò accada – e che il virus mafioso si propaghi come il Covid-19 – occorre anticiparlo, intervenire sulle opportunità di espansione prima che questo possa sfruttarle e istruire – affiancandola – la popolazione affinché sia in grado di limitare al minimo le possibilità di contagio. Se non agiamo per tempo, rischiamo che al termine di questa pandemia se ne possa presentare una ancor più terrificante.