Una lanterna nell’oscurità
Mancano pochi giorni al 2020, numero elegantemente simmetrico che segna l’entrata in un nuovo decennio. Ci siamo arrivati al 2019 di Blade Runner, romanzo di fantascienza scritto da Philip Dick nel 1968, raccontato al cinema da Ridley Scott nel 1982, quando internet e gli smartphone erano davvero fantascienza mentre oggi sono l’infrastruttura del mondo. Il futuro è oggi, che è come dire che il futuro non sarà mai. Macchine volanti non ci sono, non abbiamo replicanti come vicini di casa, ma la pioggia perenne del film è uno specchio inquietante delle alluvioni dell’autunno passato e che Siri o Alexa non possano essere abbozzi di androidi è tutto da dimostrare. Le intuizioni di Philip Dick non sono così strampalate e Greta Thunberg ci ricorda che un futuro disastroso si delinea per l’umanità. Si procede al buio, a tentoni, nella marcia dentro il Terzo Millennio, con grandi questioni da risolvere e poca ispirazione per farlo.
2020 è un numero che si fatica a prendere sul serio, da questa siderale altezza temporale il futuro è un fatto problematico, tutt’altro che scontato. Le questioni ambientali, l’instabilità politica, il senso di paura e la mancanza di fede incoraggiano visioni apocalittiche. Possiamo salvare il mondo, prima di cena è il titolo eloquente dell’ultimo libro di Jonathan Safran Foer: l’emergenza climatica è un’evidenza assoluta, i rapporti scientifici riportano dati allarmanti, tutti lo sappiamo e tuttavia ci comportiamo come se non ci credessimo davvero. « La crisi climatica è la crisi della nostra capacità di credere »: non bastano i dati, le informazioni, perché la conoscenza diventi azione conseguente serve un coinvolgimento empatico. Servono storie e la capacità di raccontarle. La narrazione – termine piuttosto abusato – di cui parla Foer non è inganno o mistificazione ma al contrario «è un modo per trasformare la conoscenza in esperienza». Insomma, quel che sa fare la buona letteratura.
Il languore post natalizio: quel bisogno di tirare una linea e fare i conti
Primo dato sconfortante: nello scorso decennio c’è stata un’ecatombe della genialità. Dovremo fare a meno delle parole intelligenti di Umberto Eco, della vitalità di Lucio Dalla, delle grandi visioni di Luca Ronconi, della comicità irriverente di Dario Fo e di Franca Rame. E ancora di Rita Levi Montalcini, Andrea Camilleri, Alessandro Leogrande, Mariangela Melato, Anna Marchesini, Paolo Villaggio. Solo per guardare velocemente all’Italia.
Non hanno vinto il Nobel per la letteratura né Murakami né Philip Roth, l’ha vinto invece Bob Dylan, smentendo le abitudini dell’Accademia svedese che tende a premiare autori poco conosciuti al pubblico ma di grande valore letterario.
La letteratura si sta allargando, ha moltiplicato forme, mezzi e canali di fruizione. L’imporsi della cosiddetta non fiction, un racconto ibrido che utilizza tecniche e stili letterari per narrare fatti reali, ha aperto a sperimentazioni che costringono a ridefinire continuamente il rapporto tra finzione e realtà oggettiva. Anche il mondo dell’editoria ha allargato i propri orizzonti offrendo alla produzione letteraria nuovi territori da esplorare.
Negli ultimi 10 anni è esploso l’utilizzo dei dispositivi mobili. Internet non è più solo una finestra sul mondo è diventato “il” mondo, ed è sempre a portata di mano. A Google affidiamo le nostre ricerche e le nostre scelte, e questo vale tanto per l’ipocondriaco che cerca eziologie di malattie immaginarie quanto per i consigli di lettura. I social network, soprattutto twitter e instagram, con la loro grammatica fondata su immediatezza, rapidità e sintesi propongono nuovi modi di fruizione della cultura, non solo offrendo spazi di incontro virtuale per comunità di lettori, ma attivando nuove forme di interazione e di creazione di contenuti. Twitteratura, ad esempio, è un progetto nato col fine di riscrivere in forma di tweet i classici della letteratura e quindi riappropriarsene in modo totalmente nuovo. Un altro tentativo di veicolare i libri attraverso la brevità dei tweet è #fallabreve, tag ideato da alcuni appassionati di libri con l’idea di riassumere le trame dei libri in 140 battute creando formule icastiche, sottotitoli ironici per i libri stessi. Madame Bovary diventa “Bastava il Prozac”, Assassinio sull’Orient Express “Era meglio se prendevo il Frecciarossa”, Anna Karenina “Sa mica quando passa il prossimo treno?”. Anche Instagram può essere usato come mezzo letterario alternativo, combinando immagini e testo sintetico. Il poeta italiano Guido Catalano, oltre a pubblicare libri con Rizzoli e a portare la sua poesia in giro per l’Italia con reading e performance, molto attivo su Instagram, è forse il più famoso poeta 2.0. Quest’anno ha superato i sessantamila followers, sulla sua pagina facebook ha commentato ironicamente il suo successo: «Credo di potere affermare di essere diventato finalmente un influencer. Mi rivolgo dunque alle ditte che producono prodotti: mandatemi pure cose. Avrei bisogno soprattutto di pantaloni, giacche primavera-estate, robe di tecnologia, biciclette, ma va bene anche altro».
Chi profetizzava la morte del libro e della lettura per mano di più seduttivi mezzi tecnologici si sbagliava. Sembrava che gli ebook avrebbero soppiantato il libro cartaceo, non è stato così. Dopo un primo entusiasmo iniziale, la diffusione di ebook vive una fase di stallo. Si è invece fatto strada un nuovo formato, sul cui successo nessuno avrebbe scommesso: l’audiolibro. Con modalità di fruizione totalmente diverse dal libro, l’audiolibro sta conquistando anche l’Italia, particolarmente amato soprattutto dagli under 35. Nel 2016 è arrivata Audible, compagnia di Amazon leader nel settore, a cui nel 2018 si è aggiunta la piattaforma svedese Storytel ad offrire contenuti nella formula “all you can listen”.
Il campo di lavoro della letteratura degli ultimi dieci anni, sia internazionale che italiana, andando dal caso letterario dell’Amica geniale di Elena Ferrante al sempre bestseller Andrea Camilleri, a romanzi vincitori dei premi Strega o Campiello, sembra essere la storia, collettiva e personale. Nel 2010 esce Fame di realtà di David Schields, titolo che dà il nome a una poetica, manifesto di una tendenza letteraria che segnerà il decennio. Una vera e propria chiamata alle armi per una nuova forma di letteratura, una dichiarazione di poetica che spazza via le divisioni tra generi e ridefinisce i rapporti tra fiction e non fiction. Memoir, biografie e analisi del quotidiano, storie vere, raccontate in prima persona, come l’originalissimo La vita in tempo di pace di Francesco Pecoraro (2013) dove la torrenziale biografia di un ingegnere piccolo borghese riesce a illuminare il declino della società italiana. O La più amata, autofiction di Teresa Ciabatti che si aggiudica il premio Strega 2018.
Allo stesso imperativo di scandaglio del reale sembra rispondere il crescente interesse per il romanzo storico, di cui due esempi italiani possono essere i vincitori del premio Strega che hanno aperto e chiuso il decennio: Canale Mussolini di Antonio Pennacchi (2010), che racconta la storia di una famiglia di contadini padani scesa a vivere nelle paludi dell’Agro Pontino e M. Il figlio del secolo (2018) di Antonio Scurati, primo libro di una trilogia sulla vita di Mussolini. Timida ancora in Italia, ma speriamo che prenda forza, una narrazione che lega passato coloniale e flussi migratori: evviva Sangue giusto (2017) di Francesca Melandri, che affronta la rimozione della guerra d’Africa e il prezzo pagato dalle popolazioni locali, riconnettendosi alla questione sullo ius sanguinis e sul diritto di cittadinanza.
Novità degli ultimi dieci anni è la riscoperta del fumetto che, da genere tradizionalmente legato al mondo dell’infanzia è diventato terreno di interessante sperimentazione, arrivando a trattare tematiche di natura politica e sociale, con un linguaggio efficace in grado di coinvolgere soprattutto le nuove generazioni. Si è introdotta la categoria graphic novel per indicare quelle opere a fumetti che seguono però la struttura narrativa di un romanzo. Proprio nel 2009, alle porte del decennio, nasce Bao Publishing la casa editrice milanese che ha lanciato sul mercato i fumetti più interessanti e che nel 2011 lancia sul mercato editoriale Michele Rech, in arte Zerocalcare, già conosciuto nel web.
I consigli del Libraio
Per completare il quadro abbiamo fatto qualche domanda ai nostri librai di fiducia, Danilo, Carlo e Paul della Libreria Gogol & Company di Milano:
Danilo: « Mi pare di trovare discepoli di Bolaño in tantissima metaletteratura pubblicata di recente. Il postmodernismo letto tra la fine degli anni novanta e i primi duemila sembra aver influenzato moltissimo la letteratura di quest’ultimo decennio, spesso con risultati disastrosi. Per me la rivelazione letteraria è stata Don Winslow. Soprattutto da un punto di vista commerciale, di avvicinamento alla lettura. Ha permesso di consolidare parecchi lettori occasionali. In questo decennio ci sono stati due generi che sono stati lenti di ingrandimento per indagare il presente, nel tentativo, vano, di trovare una risposta al caos: le distopie letterarie e il noir. Lo stesso discorso vale per la geografia letteraria statunitense, concentrata sempre di più verso il centro del territorio piuttosto che sui suoi confini.
Carlo: «Il genere che ha prevalso, per quanto non si tratti di un genere nuovo, è sicuramente la non fiction, e in questo ha segnato abbastanza il decennio la produzione di Emmanuel Carrère. I miei “autori del decennio” sono: Jonathan Franzen, Laszlo Krasznahorkai, Mario Vargas Llosa. Tra i tre scelgo Jonathan Franzen, perché è riuscito a rappresentare la società americana post 11/09/01 in modo nuovo e corrispondente ai nuovi cambiamenti, perché ha ridato vita al romanzo borghese familiare e perché ha una lingua forte, viva, originale. Ha sempre detto tutto quello che gli girava per la testa senza paura di turbare alcuno».
Paul: «Emmanuel Carrère è “uno scrittore per scrittori”, letto, oltre che dal grande pubblico anche da tanti autori europei. Il mio autore del decennio secondo ha iniziato a scrivere i suoi lavori più importanti nell’Ungheria a cavallo del crollo dell’Urss, ma è stato scoperto dal pubblico francese ed inglese in questo decennio. I libri di Laszlo Krasznahorkai trattano il tema del male, attraverso viaggi fra epoche con riferimenti colti. Il legame tra presente contemporaneo e passato viene usato per spingersi ai confini della potenzialità della scrittura».
In viaggio
Come la Compagnia dell’Anello nelle Terre Selvagge procediamo cauti e guardinghi, coscienti che il cammino è arduo e pieno di pericoli. L’augurio per il nuovo decennio è in questi 5 libri del decennio passato, da mettere nella valigia per il futuro.
Una piccola morte di Mohamed Hasan Alwan (edizioni E/O, 2016). Lo sapevate che nell’XIII secolo si viaggiava tantissimo? Biografia di Muhyi-d-din Ibn Arabi, uno dei padri del sufismo, corrente mistica dell’Islam. Racconta un mondo ricchissimo ma per lo più sconosciuto e le infinite forme che può prendere l’amore per Dio. “Chi si distrae, tramonta”
Resoconto e Transiti di Rachel Cusk (Einaudi Stile Libero, 2018). Non succede praticamente niente, la protagonista svanisce nei racconti degli altri, è un orecchio che ascolta e una mano che scrive. Benissimo.
I vagabondi di Olga Tokarczuk (Bompiani, 2019) Afferma il diritto allo spostarsi, non solo per necessità ma per desiderio. Riconosce la bellezza e la superiorità del movimento rispetto alla stabilità, in un mondo disegnato per chi risiede «i tiranni costringono a diventare sedentarie tutte le persone libere, marcandole con un indirizzo che diventa la nostra sentenza. Quello che vogliono è costruire un ordine solido, rendendo il trascorrere del tempo solo un’ apparenza. Vogliono che i giorni si ripetano tutti uguali e non si distinugano, e costruire una grande macchina nella quale ogni creatura dovrà occupare un proprio posto ed eseguire movimenti apparenti (..)Muoviti, vai. Beato è colui che parte».
L’educazione di Tara Westover (Feltrinelli, 2018) Si può sopravvivere a una famiglia di mormoni estremisti? Romanzo sconvolgente che racconta in modo semplice e sincero quanto male possa fare la famiglia, quanta salvezza può esserci nell’educazione scolastica.
Dawla di Gabriele Del Grande (Mondadori, 2018) Reportage su ascesa e caduta dello Stato Islamico attraverso le storie di tre ex combattenti: un manifestante siriano spinto da un’autentica sete di giustizia a prendere le armi; un hacker giordano in fissa con l’esoterismo giunto in Siria seguendo le profezie sulla fine del mondo; un avventuriero iracheno che si addentra nel livello più oscuro dei servizi segreti del Dawla. Sei mesi di viaggio, duecento ore di interviste per superare la divisione tra buoni e cattivi, raccontare la storia e non solo l’ideologia.