Nel mese di novembre abbiamo affrontato i temi legati al Green New Deal, al mercato ETS, all’ILVA e ai beni globali.

Come ogni mese, ricapitoliamo le parole più importanti e i concetti fondamentali del mese, che a novembre sono stati esternalità e beni pubblici.

Le esternalità sono gli effetti, sulla produzione o sul benessere, prodotti dall’attività economica di un soggetto nei confronti di altri soggetti, effetti che non passano attraverso una transazione di mercato.

Le esternalità possono essere negative (ad esempio l’inquinamento: una fabbrica arreca un danno alle persone che vivono attorno all’impianto produttivo) ma anche positive (un’impresa di trasporti che sostituisce i camion diesel con camion non inquinanti).

Le esternalità, pur essendo un tema noto al mondo economico già nei primi anni del ‘900 (il concetto di esternalità è presente nel lavoro di Alfred Marshall, 1842 – 1924; Arthur Pigou ne parla in maniera più dettagliata nel 1920), si inseriscono nel dibattito accademico nel 1971, grazie a Kenneth Arrow[1].

Kenneth Arrow, 1921 – 2017, premio Nobel per l’economia nel 1972

Arrow è il primo a evidenziare come le esternalità comportino un fallimento di mercato, ovvero l’incapacità dei mercati di raggiungere un equilibrio di ottimo per tutti i soggetti. In pratica: un’impresa inquinante non sarà mai incentivata a ridurre le proprie esternalità, ed è in questo contesto che deve subentrare un ente esterno (cioè, il più delle volte, lo Stato).

Il secondo tema di cui abbiamo discusso sono i beni pubblici.

Un bene pubblico è un bene che sia:
– Non rivale, ovvero un bene il cui utilizzo non impedisca ad altri di usarlo (ad esempio una strada, l’illuminazione pubblica, la difesa, …);
– Non escludibile, ovvero un bene che non può essere utilizzato in via esclusiva da soggetti selezionati (nuovamente: una strada pubblica è aperta a tutti, l’illuminazione pubblica, va da sé, è per tutti, e così via).

I beni pubblici furono introdotti nel pensiero economico da Erik Lindahl, che nel 1919 definì il tema introducendo anche quella che, secondo il suo pensiero, era la soluzione al problema del finanziamento dei beni pubblici, la cosiddetta Lindhal Tax[2].

Erik Lindhal, 1891 – 1960

La Lindal Tax, che prevede che ciascun contribuente paghi in misura pari al suo beneficio marginale, (ovvero in misura pari all’incremento di benessere che deriverebbe dall’uso del bene pubblico in oggetto), è un concetto teorizzabile ma di difficilissima applicazione, in quanto necessità di una stima precisa del beneficio marginale di ogni singolo contribuente. Per questo motivo i beni pubblici vengono tipicamente finanziati dalla fiscalità generale, cioè dalle tasse, in misura indipendente rispetto al beneficio atteso dei singoli contribuenti.

Beni pubblici ed esternalità rappresentano due dei casi più comuni di fallimento di mercato, e sono una delle motivazioni che sottolineano come, anche in un momento storico in cui l’intervento statale nell’economia è visto di pessimo occhio, il solo libero mercato non è capace di assicurare il benessere di tutte le persone.


[1] Arrow, K.J. (1971), “Political and Economic Estimation of Social Effects of Externalities,” in M. Intriligator, ed., Frontiers of Quantitative Economics.

[2] Lindhal, E. (1919), “Die Gerechtigkeit der Besteurung”. Tradotto in Lindhal, E. (1965) “Just Taxation—A Positive Solution”, Classics in the Theory of Public Finance.