Sono le 18.53 del 9 novembre 1989. Un incerto Günter Schabowski, ministro della Propaganda della DDR, comunica in una conferenza gremita all’inverosimile che «è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco» posizionati lungo il muro di Berlino e, aggiunge, «quest’ordine diventa effettivo immediatamente». Günter ancora non lo sa, ma ha appena compiuto uno degli errori più famosi della storia. Errore che, di lì a poche ore, avrebbe mutato il volto del mondo per sempre.

La conferenza in cui Günter Schabowski, senza saperlo, sancì la fine della Germania dell’Est. Foto: Bundesarchiv/Thomas Lehmann

L’apertura della frontiera tra le due zone di Berlino è infatti prevista, in maniera graduale e solo per i cittadini aventi regolare permesso, per i giorni successivi e non per quella stessa sera. Il lapsus dell’ignaro Schabowski, che non può conoscere i dettagli delle nuove Reiseregelungen (“regole di viaggio”) poiché si trovava in vacanza quando queste sono state decise, viene trasmesso da tutti i telegiornali tedeschi e impedisce alle guardie di presidio ai posti di blocchi di prepararsi a dovere.

La caduta del Muro. Punto di confine sulla Bornholmer Straße. Foto: http://walkingclass.blogspot.com

Decine di migliaia di cittadini di Berlino Est si riversano in strada, esigendo di entrare nella parte Ovest della città. Dopo ore concitate i soldati a guardia del muro, di fronte a un esodo di simili proporzioni, sono costretti a liberare il passaggio. E’ ormai notte e il muro che separava le due Berlino, le due Germanie, due mondi che sembravano non potersi incontrare, è crollato. Può finalmente avere inizio una nuova era, fatta di libertà e opportunità.

E’ la sera del 9 novembre 1989. La questura di Palermo intercetta una conversazione tra due camorristi: «Corri, vai a Berlino Est e compra…» dice il primo, dall’Italia, al compare che si trova a Berlino Ovest. «E cosa devo comprare?» chiede quest’ultimo, quasi sorpreso. La risposta è ferma e glaciale: «Tutto». E’ la dimostrazione lampante che, più di tutti e prima di tutti, le mafie italiane hanno compreso le enormi opportunità che la caduta del muro di Berlino avrebbe dischiuso negli anni a venire.

Nella confusione economico-politica che segue la riunificazione della Germania, Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra si muovono subdole e indisturbate tra le maglie ancora lasche del neonato stato tedesco. La fine della DDR e l’apertura delle frontiere ad Est rappresentano una magnifica occasione per investire, e di conseguenza riciclare, il denaro ricavato dalle proprie attività illecite senza la paura di eccessivi controlli.

«Arrivavano con valigette piene di contanti, volevano comprare edifici e terreni agricoli. I funzionari la ritenevano una cosa curiosa, ma non era nulla di illegale all’epoca.”

Queste le parole di Bernd Finger ex investigatore capo della BKA, l’ufficio federale della polizia criminale, raccolte da Ambra Montanari e Sabrina Pignedoli in un’inchiesta su L’Espresso che ha evidenziato le connessioni tra le mafie nostrane e l’imponente processo di privatizzazioni avviato nella ex DDR all’indomani della caduta del muro. Analizzando i registri della Treuhand, azienda fiduciaria incaricata dal governo di transizione di vendere le proprietà pubbliche della Germania Est, le due giornaliste hanno scoperto un vero e proprio saccheggio ai danni dei beni e dei possedimenti della ex DDR. Attraverso la corruzione di funzionari della Treuhand, le tra principali mafie italiane hanno infatti potuto allungare le proprie mani su imprese, terreni, alberghi, ristoranti, discoteche. Si doveva comprare tutto e così è stato.

Il ristorante “Da Bruno”, dove nel 2007 avvenne la tristemente celebre strage di Duisburg, resa dei conti finale di un conflitto interno alle ‘ndrine di San Luca. Foto: https://www1.wdr.de

Sfruttando il periodo di assestamento della nuova Germania unita, per anni le nostre associazioni mafiose hanno riversato ingenti capitali nell’economia tedesca. Cosa Nostra, ma soprattutto ‘Ndrangheta e Camorra hanno poi creato diverse enclave in terra teutonica, attivissime ancora oggi. Favorite da un regime penale che non prevede il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, queste hanno potuto prosperare senza il timore di particolari ripercussioni. Evitando crimini eclatanti e riducendo al minimo l’uso della violenza, si sono così fatte spazio nell’economia lecita tedesca. Riciclare denaro sporco non genera scalpore ed è assai complicato da contrastare, del resto, senza gli strumenti adeguati.

“Nonostante solo nell’ultimo anno siano stati riconosciuti come mafiosi diverse decine di persone, la maggior parte di loro è ancora a piede libero perché non accusati di nessun reato specifico. Troppo spesso le autorità si fermano ad osservare gli aspetti folkloristici dei mafiosi, senza occuparsi della loro silenziosa attività imprenditoriale che è diventata parte integrante dell’economia tedesca.”

Con queste parole il direttore dell’associazione antimafiosa ‘Mafia? Nein Danke!’, Sandro Mattioli, denunciava nel 2015 il lassismo delle autorità tedesche di fronte all’imperversare delle mafie in Germania. Concentrandosi solo sui reati singoli e non contemplando una pena specifica che colpisca l’associazione criminale mafiosa in quanto tale, la giustizia tedesca ad oggi fatica ancora a perseguire in maniera efficiente la criminalità organizzata presente nel proprio paese.

“C’è un modo di dire tedesco: non vedere la foresta per i tanti alberi. Esattamente quello che sta succedendo in Germania: non si vede la parte organizzativa, e ancor meno i flussi finanziari.”

Se trent’anni fa fu un evento imprevisto come la caduta del muro di Berlino ad aprire le porte della Germania alla criminalità organizzata, oggi è una posizione consapevole da parte dello stato tedesco a favorirne l’affermazione. Finché il legislatore non deciderà di introdurre strumenti giuridici adeguati quali il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, una disciplina più ferrea per il sequestro / confisca dei beni e l’obbligo di trasparenza per il settore finanziario, le mafie di tutto il mondo, e non solo quelle italiane, continueranno a guardare alla Germania come la terra delle grandi opportunità.