a cura di Diego Begnozzi e Andrea Sciotto
Se i destini di Regno Unito e Unione Europea dopo la Brexit sono ancora un’incognita, è soprattutto perché siamo di fronte al primo caso nel nostro continente in cui uno Stato decide di abbandonare il contesto delle istituzioni sovranazionali.
Per quanto senza precedenti, più che un fulmine a ciel sereno questo evento rappresenta l’ennesimo ostacolo di un percorso per niente semplice, anche solo da ricostruire.
L’idea che i Paesi europei non possano più continuare a combattere tra loro per la supremazia, ma debbano unire le forze per far coesistere sviluppo economico e pace, inizia a concretizzarsi nel passaggio dalla Seconda Guerra Mondiale alla Guerra Fredda: il continente esce devastato dai sei anni più atroci della sua Storia e corre il rischio di fare da campo di battaglia tra due nuove superpotenze: Stati Uniti e Unione Sovietica.
I primi trattati muovono in due direzioni: una politica di difesa europea per prevenire attacchi dal vecchio nemico (la Germania) e dal nuovo (l’Urss) e la creazione di un mercato comune. La difesa comune europea si arena rapidamente a causa delle divergenze tra la Francia, contraria al riarmo tedesco, e gli Stati Uniti, preoccupati solo di impedire un’espansione del blocco comunista. Il secondo invece porta a due accordi tra Francia, Italia, Germania Ovest, Belgio, Olanda e Lussemburgo:
- col trattato di Parigi (23 luglio 1952) si costituisce la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (Ceca), per garantire il libero commercio dei due prodotti togliendoli dal controllo dei governi nazionali;
- coi trattati di Roma (25 marzo 1957) vengono istituite la Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom), per scongiurarne un uso bellico, e la Comunità Economica Europea (Cee), per estendere l’integrazione del commercio ad altri settori come agricoltura e trasporti.
Nella nascita dell’Europa unita, è quindi fondamentale il ruolo delle materie prime dell’industria bellica: carbone e acciaio erano prodotti principalmente nel Benelux e lungo il confine franco-tedesco, da settant’anni teatro di scontri costati milioni di morti, mentre i devastanti effetti dell’energia nucleare si erano da poco palesati a Hiroshima e Nagasaki.
La Germania Ovest guidata dal Cancelliere Adenauer aderisce subito al progetto europeo per recuperare dignità a livello internazionale dopo l’occupazione alleata: tedesco è il primo Presidente della Commissione della Cee Walter Hallstein, convinto sostenitore di un’Europa federale. Resta invece fuori dagli accordi il Regno Unito che intende mantenere la propria autonomia come potenza economica e politica, per quanto in declino e alle prese con la decolonizzazione.
Nel 1960, la decisione britannica è di istituire l’Associazione Europea di Libero Scambio (Aels) con sette paesi extra-Cee: Austria, Svizzera, Portogallo, Norvegia, Svezia, Finlandia e Islanda. Ma dopo solo un anno, il primo ministro Harold Macmillan cambia strategia e candida il proprio paese a entrare nella Comunità Economica Europea. Il benestare di Germania, Italia e Benelux e l’appoggio dell’amministrazione Kennedy si scontrano, uscendone sconfitti, con il Presidente francese Charles De Gaulle.
Eletto nel 1959, il vecchio Generale vuole affermare l’indipendenza della Francia da Usa e Urss. Per questo dota il paese di un deterrente atomico e pone più volte il veto alla candidatura del Regno Unito. Fortemente contrario anche a un’integrazione politica dell’Europa, nel 1965 boicotta le attività della Cee impedendo ai propri delegati di partecipare alle riunioni. È la cosiddetta crisi della sedia vuota, che si risolve con le dimissioni di Hallstein due anni dopo.
Nel frattempo, il Trattato di fusione (8 aprile 1965) accorpa le istituzioni di Ceca, Cee e Euratom sotto un’unica Commissione e un unico Consiglio. Da qui fino agli anni ’90 si parlerà di Comunità europee.
Il successore di De Gaulle, Georges Pompidou, ammorbidisce la linea francese e dà il via libera al primo allargamento delle Comunità: le domande di adesione presentate nel 1967 da Regno Unito, Danimarca e Irlanda portano all’ingresso dei tre Paesi nel gennaio 1973 (la Norvegia, che aveva a sua volta richiesto di aderire alla Cee, torna sui suoi passi in seguito a un referendum).
Gli anni ’70 vedono una brusca frenata della crescita economica europea. La stagflazione (stagnazione economica e inflazione monetaria) pone fine a un trentennio di crescita che era stata talmente sostenuta da far parlare di boom, miracolo economico e trente glorieuses. Questa battuta d’arresto è dovuta a due grandi sconvolgimenti:
- la svalutazione del dollaro e l’aumento dei dazi sulle importazioni annunciati da Richard Nixon il 15 agosto 1971, che causano una forte instabilità sui mercati valutari.
- le crisi petrolifere del 1973 e del 1979, che fanno esplodere il costo dell’energia e l’inflazione.
In risposta, si crea un asse franco-tedesco, nelle figure del Presidente Valéry Giscard D’Estaing e del Cancelliere Helmut Schmidt, votato a una maggiore integrazione europea. Per stabilizzare i cambi e limitare svalutazioni e rivalutazioni, vengono creati il “serpente monetario” nel 1972 e il Sistema Monetario Europeo nel 1979, primi passi concreti nella direzione della moneta unica. Alla fine del decennio si svolgono anche le prime elezioni a suffragio universale del Parlamento Europeo.
Oltre al secondo allargamento a Grecia (’81), Spagna e Portogallo (’86), usciti da poco dalle dittature militari, negli anni Ottanta si assiste ad altri passi decisivi nella costruzione dell’Unione Europea: alla prosecuzione dell’intesa franco-tedesca con François Mitterrand e Helmut Kohl si aggiunge l’azione decisa del Presidente della Commissione Jacques Delors. Ma la spinta europeista deve fronteggiare una nuova accanita opposizione: quella di Margareth Thatcher, dal 1979 capo del Governo del Regno Unito.
Dopo aver imposto una revisione della Politica Agricola Comune, accusata di sussidiare eccessivamente gli agricoltori del continente a spese del governo britannico, la Lady di Ferro dice no a un maggior potere di Commissione e Parlamento europeo e all’Unione monetaria.
Ciononostante, nel giugno 1985 si realizzano altre due tappe fondamentali. Il 14 viene firmato a Schengen, in Lussemburgo, l’accordo che porta alla progressiva abolizione dei controlli doganali. Due settimane dopo, nella riunione del Consiglio Europeo a Milano, ha inizio la revisione dei trattati di Roma che si traduce nell’Atto Unico Europeo. Questo documento fissa gli obiettivi da raggiungere nei sei anni successivi: completamento del mercato comune, fondato sulla libertà di circolazione di persone, merci, servizi e capitali; ampliamento delle competenze delle istituzioni europee; realizzazione dell’Unione economica e monetaria. All’inizio la Thatcher riesce a mitigare le richieste di Delors e degli altri Paesi del continente, ma finisce per soccombere anche a causa della crescente opposizione interna al suo partito, che nel 1990 la obbliga a dimettersi.
Come vedremo nella seconda parte, a metà esatta tra la firma dell’Atto Unico Europeo (1986) e del Trattato di Maastricht (1992), la storia e gli equilibri dell’Europa vengono sconvolti da un evento epocale: il crollo del Muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda.