In tempo di guerra il caffè scarseggiava e allora ci si ingegnò arrostendo dei fagioli. Il risultato lo potete ben immaginare ma l’effetto era lo stesso. Ma anche in tempo di pace siamo circondati di surrogati, di imitazioni, e di contraffazioni con i quali ci consoliamo per la perdita di qualcosa di originale. E non è forse proprio l’allontanamento da un originale, qualsiasi cosa esso sia, la prima grande rottura, il nostro peccato originale. Ersatz – ossia “sostitutivi”, “surrogati” in tedesco – vuole indagare la rottura primordiale tra l’uomo e il suo Eden. Il mondo della tecnica, del capitalismo tardo, presto, terminale, ciclico o come si voglia chiamare, ha accelerato la quotidianità portandola a distorcersi e a confondersi sotto il nostro sguardo distratto. E così, passando distratti sulla superficie del quotidiano, non ci accorgiamo di quello che abbiamo abbandonato nel nostro percorso. Con Ersatz vorrei avere il tempo di fare dei passi indietro – in direzione non tanto ostinata ma sicuramente contraria – e raccogliere quello che abbiamo lasciato alle nostre spalle per dargli degna sepoltura. Sepoltura che ci lascerà, come ogni rito religioso che si rispetti, un surrogato di quello che abbiamo perso, passando per un filo rosso che porta dall’economia mondiale, alle sette religiose, passando per il mito del progresso cinese e la medicina taoista, e per finire -forse- nelle diete.
Ersatz, che significa surrogati, vuole proprio indagare le rotture che si sono create in questa corsa all’ora e vedere che cosa è stato perso, come è stato rimpiazzato e, per di più, quello che si è perso ora che cosa sta facendo?