A cura di Federico Di Matteo
Prendi il caricatore, attacchi la spina, e la batteria del telefono sale. Un gesto quotidiano, così scontato da non portare a chiedersi da dove venga l’elettricità, come se fosse dovuta. Dietro questo atto, apparentemente inspiegabile, si erge una fitta ragnatela di cavi, una rete nazionale implementata un secolo fa, in cui l’energia corre in modo pressoché costante, dando a tutti l’illusione che sia illimitata. Ha però un costo non indifferente e che qualcuno deve pagare.
A cavallo tra XIX e XX secolo l’elettricità divenne fondamentale nello sviluppo economico, e fu più conveniente centralizzarne la produzione in grandi impianti di generazione, collegati agli utilizzatori finali tramite un complesso e capillare sistema di distribuzione: è evidente che più persone usano la stessa rete, meno essa costa a ciascuno. Per questo i primi paesi a svilupparsi furono quelli più densamente popolati.
L’energia è ormai un bene di prima necessità e l’elettrificazione dei paesi rurali in via di sviluppo è considerata una priorità: l’IEA (International Energy Agency) ha stimato che nel 2018 più di 1 miliardo di persone non vi avesse ancora accesso.
Per ovviare questo problema, bisogna modificare il percorso già tracciato nel secolo scorso: infatti si tratta perlopiù di villaggi poveri, scarsamente popolati e molto distanti tra loro, e collegarli con un’unica rete avrebbe un costo insostenibile. Per questo bisogna passare da un asset centralizzato a uno decentralizzato: rendere ogni villaggio un’isola energetica autosufficiente, anche grazie al recente sviluppo delle rinnovabili, risparmiando la costruzione di file chilometriche di tralicci. Nasce così il concetto di Mini-Rete, che grazie alle dimensioni ridotte è più semplice non solo da mantenere – la formazione richiesta è minima – ma anche da gestire, dato che è più semplice ottimizzare i flussi in base ai consumi.
Il progetto è basato sulla dualità economico-energetica: l’elettrificazione aiuta la comunità a svilupparsi, e lo sviluppo permette di sostenere i costi della rete, creando così un ciclo che si autoalimenta. I benefici non sono solo monetari: l’energia elettrica consente a un ospedale di lavorare a pieno regime, facilita l’accesso all’acqua potabile e porta all’abbandono di sistemi di cottura e produzione di calore altamente inquinanti.